sabato 20 ottobre 2018

Scrivo dunque siamo, o sulla relazione (illusoria) tra autore e lettore


Il gesto di scrivere prevede una qualche forma di relazione illusoria, oltre alla fiducia in tale relazione. Sempre.
Nei casi più fortunati la fiducia dello scrittore si dimostrerà ben riposta, con la relazione che si trasforma in effettiva. L'altro, insomma, c'è. E si chiama lettore. Ma la sua presenza sconta quella dilazione temporale per cui due innamorati che si danno appuntamento, mettiamo, alle nove in un certo posto, si presenteranno con uno sfasamento di dodici ore: uno all'orario mattutino e l'altro a quello serale. 
Ma non avevi detto alle nove? Sì, alle nove: io c'ero, non ho nemmeno fatto colazione per arrivare puntuale. Eri tu a non esserci! 
Il lettore è il convitato di pietra, colui che arriva dopo ma la cui presenza incombe già da principio, stando allo scrittore come lo spasimato allo spasimante. Il più delle volte è però anche quello che sosta più a lungo nel luogo dell'incontro, il più fedele alla relazione, cosa per altro frequente in chi capitola dopo un lungo corteggiamento.
Non si spiegherebbe diversamente il fenomeno dei classici: dopo oltre duemila anni ancora andiamo all'appuntamento con Omero; e il bello è che lo troviamo ancora lì, ogni volta che apriamo le pagine dell'Odissea.
Questa relazione diacronica ha funzionato alla perfezione per migliaia di anni. Certo, ci sono stati anche scrittori che non hanno mai visto l'arrivo del lettore, per demerito o per sfortuna. Ma la qualità di un testo, c'è da credere, è in qualche modo debitrice verso tale sfasatura sull'asse del tempo. È come la meridiana che si prende una lunga pausa notturna, in cui smette di proiettare l'ombra magra del sole sulla parete dell'abitazione. E la buona scrittura ha bisogno di luce quanto di tenebra. 
Diventa allora interessante il fenomeno dei social network e in particolar modo di Facebook, ma forse solo perché lo conosco meglio. Mi è capitato, non spesso, eppure mi è capitato di ricevere un like dopo pochi secondi dalla pubblicazione di un intervento. La cosa mi ha lusingato, non lo nego. Ma ora penso a cosa potrebbe diventare la scrittura - e la possibilità è concreta, la tecnologia in qualche modo preme verso questa direzione - se autore e lettore si presentassero all'appuntamento allo stesso orario, gli orologi sincronizzati come in un film di spionaggio...
Magari qualcosa di nuovo e bello, e però simile a una telefonata o, meglio ancora, a una chat, in cui il lettore si fa presente e incalza lo scrittore con le sue richieste. Uno studioso di narratologia, dall'alto del suo linguaggio forbito, tradurrebbe forse il concetto con "reificazione del lettore implicito", che è poi il principio dell'ipertesto. 
Ma anche gli scrittori si stanno preparando da tempo all'eventualità. Sospetto ad esempio che Stephen King, molto prima della diffusione di internet, prefigurasse qualcosa del genere quando scrisse Misery. Lo scrittore ostaggio del lettore. La devozione che si tramuta in intrusione. 
Potremmo così guardare ai like di Facebook come alla carota con cui indirizzare le parole di chi scrive. Ma se l'autore non dovesse condiscendere con le buone, ci sarà sicuramente anche una qualche forma di bastone. Per conoscerla dobbiamo solo aspettare. Ma non tanto, io temo. Forse è solo questione di secondi…

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