mercoledì 17 ottobre 2018

Picchio rosso maggiore, o sulla solitudine

Oltre vent’anni fa ho avuto una fidanzata svedese. Bionda, occhi azzurri, labbra carnose, gambe lunghe. Una svedese, insomma. Che come la maggior parte degli svedesi stava in Svezia.
Purtroppo, anche io, come una discreta quantità di italiani – logorroico, ipocondriaco, guascone, illegalista – allora come adesso stavo in Italia, e le cose non erano proprio semplici. D’altronde la geografia non è un’opinione, a differenza della storia scritta per definizione dai vincitori.
Ma dai, non farne tante, basta togliere di mezzo la Germania, diceva lei. Mi mostrava anche un Photoshop con la simulazione grafica: in effetti Sondrio finiva col confinare con Helsingborg, senza lo stramaledetto diaframma crucco imbottito di crauti, wurstel e Weissbier, con qualche Volkswagen di tanto in tanto.
Poi però non se ne fece nulla, non riuscimmo a racimolare tutta la dinamite necessaria.
Ci sentivamo così al telefono, onesto succedaneo in ogni relazione a distanza, come le uova di lompo per il caviale. Due minuti di conversazione, alla fine degli anni novanta, costavano come una pizza; non ho mai saputo quanto fosse il cambio in aringhe affumicate…
Eppure ci parlavamo tutti i giorni, anche quelli in cui giocava la nazionale svedese di hockey. E non so se a farmi dimagrire fu l’amore o le pizze a cui rinunciai per telefonarle. Quanti secondi abbiamo ancora, la prima domanda che le facevo.
Ci ripensavo oggi leggendo le condizioni contrattuali del mio nuovo operatore telefonico. Oltre a trenta gigabyte di traffico dati e vagonate di sms, dispongo di chiamate illimitate verso portatili e numeri fissi italiani, a cui vanno aggiunte una sessantina di destinazioni estere, tra cui tutte le europee. Dunque anche la Svezia, mi sono detto. Controllo e in effetti la Svezia è inclusa.
Potrei insomma stare al telefono più di due ore con una ragazza svedese. E se poi mi gira, richiamarla immediatamente – it's me again –per ricominciare a parlare, ogni santo giorno. Allo stesso tempo, continuavo a lambiccarmi, non dovrei rinunciare a mangiare una pizza prosciutto e funghi, ma che dico una, cameriere mi porti anche una romana, e una zola e noci, avete pure salmone e burrata? bene, aggiunga aggiunga.
Confesso che questa scoperta mi ha messo di buon umore. Ed è la frizzante euforia delle partenze notturne per il mare da bambino, o il nulla elettrico che impregna i sabati degli adolescenti, oltre a un certo appetito. Quando si dice il progresso!
Ho allora impugnato il mio smartphone per cercare il numero della mia ex fidanzata, avevo voglia di farle un salutino. Ma purtroppo, nei numerosi cambi di telefono e sim di questi anni, deve essere andato perduto. Digito Jeanette e al suo posto compare la scritta Jeans, che è il numero della sarta cinese a cui faccio accorciare i pantaloni.
Ormai ero però entrato in modalità conversazione, avevo voglia di parlare con qualcuno, no, avevo voglia di parlare con una donna. Cosa non del tutto semplice quando ti trovi nel mezzo di un bosco, il tappeto crocchiante delle foglie morte sotto i piedi e la mia cagna che insegue l’eco di un Picchio Rosso Maggiore, o almeno così sta scritto sui cartelli del parco valtellinese dei Bordighi: sentite toc toc, è il Picchio Rosso Maggiore. Che magari era solamente uno che sta piantando un chiodo per appenderci il diploma da geometra. In un bosco?! (Va beh si fa per dire...)
Fossimo stati in un film di Fellini, mi sarei a quel punto arrampicato su una grande quercia per gridare il mio desiderio urbi et orbi, come fa Ciccio Ingrassia in una scena memorabile di Amarcord: “Voglio una doonnaaaaa…”
Fortunatamente la modernità ci è alleata e complice, sono finiti i tempi oscuri della malinconia solitaria. Continuo così a scorrere la rubrica telefonica digitale – che figata, siamo davvero nel Duemila, l’avresti mai detto da cucciolo che ti saresti ritrovato con il mondo in mano? – alla ricerca di una donna con cui scambiare due parole. Non mi costa neppure nulla, pizze gratis per tutti!
Dopo avere fatto più volte avanti e indietro tra i contatti, di cui nella maggioranza dei casi non riesco a collegare un volto o una circostanza vissuta – chi è ad esempio Bea corso Raul? –, mi accorgo che non c’è nessuna donna che abbia in questo momento voglia o tempo di parlare con me, e finirei solo col rompere i coglioni. Che vuoi? Adesso ho da fare, mandami magari un messaggino. Quando sono sotto il casco del parrucchiere ti rispondo.

Eppure l’abbiamo costruita per davvero questa enorme sfera di possibilità. Ho pure il vivavoce stereo, WhatsApp e le videochiamate con le orecchie e il naso da Topolino. Solo che, all’interno, dobbiamo esserci scordati di infilare una ragione per sentirci, storie o sogni da raccontare. Mi metto così anch'io alla ricerca del Picchio Rosso Maggiore. 


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