sabato 20 ottobre 2018

Il tempo di morire, o su Facebook e la censura

Curioso a pensarci. Su Facebook si può scrivere di morte, stragi, squartamenti, ma non calarsi le mutande. Niente, proibito! 
Ha divieto d'accesso perfino un capezzolo rosa pallido, che fa capolino dal costume troppo stretto dopo la crapula invernale. Era magari una mattinata ventosa di fine giugno, non te ne sei accorta quando è sgusciato fuori e ti hanno fotografata, mentre il gommone sobbalzava festoso sulle onde diretto alle isole Tremiti, dove i nostri antenati democratici e liberali deportarono milletrecento sudditi libici per una ritorsione, scelti a casaccio come nel gratta e vinci. Tu si, tu no, tu sei carina meglio se vieni a casa mia a fare la cameriera…
Da escludersi poi categoricamente l’insinuazione che Mussolini ce l'avesse piccolo – per carità non sia mai detto, avrà avuto un cazzo proporzionato alla mascella – o ancora peggio tirar giù qualche santo e madonna dal paradiso, come farebbe un anziano giocatore di scopone se il compagno lisciasse il sette bello; le sue bestemmie dialettali che risuonano alte sopra il tintinnare dei bianchini, ad accarezzare il glicine fiorito di un dopolavoro ferroviario. Tutte cose vietatissime, su Facebook.
In mancanza di altre possibilità, facciamolo dunque, profittiamo della magnanimità del nostro Anfitrione e parliamo un po' di morte. Nei mesi scorsi ho contattato un centro svizzero per il suicidio assistito, che lì chiamano con qualche eufemismo che ora non ricordo. Tipo il dolce congedo o scemenze del genere.
L'ho fatto tanto per fare, chiariamo subito, come in quella vecchia canzone di Jannacci dove si fanno le cose per poi vedere (di nascosto) l'effetto che fa, ma sempre escludendo qualcuno. Vengo anch'io? No, tu no!
Non ho insomma preso alcuna decisione conclusiva, o meglio non l'ho ancora presa, essendo una possibilità che da qualche tempo metto in conto. Diciamola così: morire mi sembra più “ragionevole” che vivere a determinate condizioni, sempre più simili a quelle attuali.
"Centile zignore, rezti in linea" mi hanno subito risposto gli svizzeri, puntuali come i loro treni. E dopo avermi passato la “perzona prepozta” – immagino si chiamasse Caronte – è iniziata la conversazione, distesa e affabile come se si trattasse della vendita di un orologio a cucù. 
All'inizio e da bravi mercanti erano restii a parlare di soldi, solo frasi generiche, giri di parole, verifiche psicologiche a cui avrei dovuto sottopormi in via preliminare (un po' difficile farle dopo, in effetti...). Ma alla fine hanno vuotato il sacco.
"Zono diecimille Swiss Franc per noztro zervizio."
"Tutto compreso?"
"Ja, tutto komprezo. Anke kolazione."
"Ah beh..."
"… "
"Posso avere l'Ovomaltina?"
 "Ja, può afere kvello ke fuole."
Naturalmente a sostenere questa conversazione vagamente surreale, da immaginare con accento svizzero tedesco molto marcato, è stata una donna, si muore meglio con una donna accanto. E sempre naturalmente sarà stata giovane e bella e ariana, anche se al telefono non ho potuto constatare. Ci penserò, ho detto soltanto.
Ma già sapevo che non sarei mai arrivato a mettere assieme diecimila franchi, che in euro fanno poco meno di novemila. E poi non c'è proporzione con il veleno per topi. Va bene che il loro sarà stato un veleno speciale e squisitamente svizzero, quello che ti iniettano con un sussurro nelle vene mentre nella filodiffusione passa il requiem di Mozart, un veleno al gusto di Toblerone, e però, dico, non c'è proporzione! 
Con novemila euro ci prendi una moto, continuavo a pensare dopo aver chiuso la comunicazione con la valchiria, una motocicletta tutta cromata, come viene detto in un’altra celebre canzone, guarda a caso si intitola Il tempo di morire. E io non arriverei a quella cifra nemmeno accantonando le mancette natalizie che, ai cinquantenni disoccupati e un po’ male in arnese come me, ancora arrivano in una busta candida dai familiari, ricordando quel tempo bambino in cui il mondo era una luminosa biglia colma di possibilità, da lanciare verso qualsiasi piramide di birilli. E ogni volta era uno strike.
In ogni caso, chi volesse farmi un regalo gradito, il prossimo Natale può regalarmi un salvadanaio di coccio a forma di porcellino, che fa grunf grunf ogni volta che infili una moneta. Un bel maiale cicciottello da scannare la vigilia di Pasqua. 


(Ps - Questo testo è comparso in prima versione su Facebook, come si può intuire dai riferimenti contestuali.)


1 commento:

  1. Ci sono diversi modi di e per essere male in arnese. Il tuo, ammesso che lo sia, non è certo il peggiore .

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