Chiara Ferragni ha appena messo in commercio una bottiglia di acqua minerale
venduta a otto euro. O forse è stato il gruppo francese Danone a farlo, tramite
la sua controllata Evian, e Chiara Ferragni si è limitata a porre la firma,
meglio la griffe, oltre al suo bel musetto da scoiattolino furbo.
Non trovo in ogni caso molto interessante scoprire la sorgente del
business, oltre che di quel liquido trasparente di cui la natura è ancora
prodiga (non per molto...), e mi sembra sia un altro l'aspetto su cui volgere lo sguardo. Mi riferisco alla sollevazione pressoché unanime e indignata sui
social network, ma anche sulla stampa tradizionale, che tale iniziativa ha
suscitato, coaugulando in un biasimo corale. In pratica, Chiara Ferragni è immediatamente diventata il nuovo
nemico di classe – e non sarò certo io a negare che sia una stronzetta
arricchita, Lombroso e la fisiognomica annuirebbero convinti –, ma la facilità
nel separare il grano dal loglio e i buoni dai cattivi mi mettono sempre un po’
in sospetto…
A parte che l'acqua da otto euro e fosse pure da ottanta, o ottocento, si
può evitare di acquistarla, e attaccarsi come si faceva da bambini alle
fontanelle rionali, a parte insomma la libertà di farsi i cazzi propri, non
sarà che siano proprio notizie iperboliche ed eccentriche come questa a far velo ai conflitti economici del nostro tempo, che si giovano
della digressione?
Insomma, la vera e profonda ingiustizia è altrove, mimetizzata dentro la banalità del
Capitale.
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