mercoledì 10 ottobre 2018

Otto euro, o sulla banalità del Capitale

Chiara Ferragni ha appena messo in commercio una bottiglia di acqua minerale venduta a otto euro. O forse è stato il gruppo francese Danone a farlo, tramite la sua controllata Evian, e Chiara Ferragni si è limitata a porre la firma, meglio la griffe, oltre al suo bel musetto da scoiattolino furbo.
Non trovo in ogni caso molto interessante scoprire la sorgente del business, oltre che di quel liquido trasparente di cui la natura è ancora prodiga (non per molto...), e mi sembra sia un altro l'aspetto su cui volgere lo sguardo. Mi riferisco alla sollevazione pressoché unanime e indignata sui social network, ma anche sulla stampa tradizionale, che tale iniziativa ha suscitato, coaugulando in un biasimo corale. In pratica, Chiara Ferragni è immediatamente diventata il nuovo nemico di classe – e non sarò certo io a negare che sia una stronzetta arricchita, Lombroso e la fisiognomica annuirebbero convinti –, ma la facilità nel separare il grano dal loglio e i buoni dai cattivi mi mettono sempre un po’ in sospetto…
A parte che l'acqua da otto euro e fosse pure da ottanta, o ottocento, si può evitare di acquistarla, e attaccarsi come si faceva da bambini alle fontanelle rionali, a parte insomma la libertà di farsi i cazzi propri, non sarà che siano proprio notizie iperboliche ed eccentriche come questa a far velo ai conflitti economici del nostro tempo, che si giovano della digressione?
Insomma, la vera e profonda ingiustizia è altrove, mimetizzata dentro la banalità del Capitale.


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