sabato 27 maggio 2017

Isacco



Alle elementari avevo un compagno di scuola di nome Isacco. Un giorno, credo fosse inverno, lo deduco dal fatto che Isacco indossava un lupetto pesante e ispido quando, quel giorno invernale, l'ho preso per il collo. Afferro da dietro il suo collo ispido e inizio a stringere con tutte le mie forze.
Questo bambino, Isacco, era il matto della classe.
Doveva aver combinato anche quella volta qualcuna della sue mattane, ci puoi scommettere. In fondo se l’è cercata, pensavo dentro di me mentre stringevo, sì se l'è proprio cercata, meritava una lezione!
Rovesciava i banchi se non riusciva a risolvere un problema – Pierino ha cinque mele, la capra gliene mangia due, quante mele rimangono? –, oppure Isacco mordeva, pigliava a calci la porta, o la maestra, quando lo riprendeva. Cose così, prima che la campanella ci facesse tirare un sospiro di sollievo.
Isacco faceva paura a tutti.
Ricordo l'episodio ma non il motivo esatto per cui l’avevo preso per il collo. Ultima ora del doposcuola, era sicuramente inverno, faceva freddo e già si era fatto buio. Sulla pelle sentivo la lana pesante e ispida del lupetto nero di Isacco, che mi faceva venir voglia di starnutire.
In ogni caso se l'era cercata, meritava una lezione!
Gli avevo passato il braccio destro sopra la testa e poi, scendendo all'improvviso, avevo chiuso il gomito a forbice come avevo visto fare da Sandokan in televisione: per fermarlo, per salvare la classe da tutte le cose matte che sempre combinava Isacco.
Lui era diventato rosso, sbuffava dal naso e anche dalla bocca, sudava e si dimenava dentro il suo lupetto ispido, mentre io trattenevo uno starnuto. Però stranamente non parlava, al contrario di me che gli ripetevo: Stai calmo Isacco, calmati, se ti calmi ti lascio andare. Devi solo stare calmo!
Ma più parlavo e più il suo silenzio si faceva ermetico e forsennato, comunicandomi una frase chiarissima in qualsiasi lingua, anche in quelle che ancora non conoscevo: Appena mi lasci, ti morderò!
Gli altri, intanto, soprattutto le bambine, mi guardavano con ammirazione, perché li stavo salvando da Isacco: Isacco il matto, Isacco finalmente qualcuno gli ha dato una lezione!
Ma se l’è cercata, se lo meritava, ci puoi giurare!
In quel momento è suonata la campanella, come il libero per tutti a nascondino, liberi da quella furia di Isacco.
Per qualche motivo la maestra non era presente. Forse era in sala insegnanti, oppure alla macchinetta del caffè a parlare con le giovani colleghe, le gambe lunghe sotto le gonne a fiori che usavano a quel tempo, l’alito tiepido di Lavazza qualità Oro.
La maestra non c’era.
I miei compagni iniziarono a riporre i pennarelli Pelikan nell’astuccio, l’astuccio con le moto da cross stampate nella cartella, le cinghie della cartella sulle spalle e con passo lento e trascinato andavano via. Li vedevo con la coda dell'occhio attraversare la porta di truciolato con impresso i segni dei calci di Isacco, da cui fuoriusciva una bava gialla di segatura.
Prima lasciarono la classe le bambine, che avevano preparato con anticipo le loro cose e smesso di guardarmi con ammirazione, poi, uno a uno, i maschi, tutti i maschi tranne me e Isacco.
Rimanevano dunque solo due piccoli corpi sotto la luce lattescente del neon centrale, i banchi erano stati disposti a circolo per aver più spazio per i lavoretti di bricolage. Il mio corpo, da dietro, che stringe il corpo di Isacco senza quasi più distinzione, in una fissità statuaria che ricorda un monumento classico, Laocoonte preso tra le spire del serpente.
Ma anche senza riuscire a muoversi, Isacco continuava a soffiare come la serpe ferita da Laocoonte, ripetendomi nella sua lingua muta: Ti morderò, ti morderò, stai sicuro che ti morderò, appena mi lasci andare.
E io davvero avrei voluto farlo, allentare il mio braccio e dire ma va' là, è stato tutto uno scherzo, dai Isacco andiamo a casa: non vedi che è già tardi, è buio, è freddo, tra poco il bidello chiuderà la porta e noi resteremo qui, perdendoci la nuova puntata di Sandokan su Rai 1.
Il ricordo finisce a questo punto, non so come sia andata a finire: mi ha morso, non mi ha morso, ho starnutito...?
Resta un enigma anche se il bidello ci abbia chiusi dentro, senza poter sapere se Sandokan ha ucciso la tigre con il suo kriss o sposato lady Marianna, la Perla di Labuan, interpretata da una Carole Andrè che mi aveva fatto provare uno strano formicolio dentro la pancia, che un altro compagno sosteneva fosse quella cosa lì, proprio quella, l'amore di cui tanto parlavano i grandi.
Ma a volte ho l’impressione che è una situazione mai conclusa per davvero, e che io sia ancora avvinto al corpo muto e fremente di Isacco, volendo e non volendo andarmene un giorno via da lì.

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