venerdì 26 maggio 2017

Ciao amore ciao, o su Facebook, Tenco, Burgnich e lo skilift



Luigi Tenco, che si suicida per ripicca al giudizio, scarso, sulla sua canzone Ciao amore ciao, presentata all'edizione del Festival di Sanremo del 1967 in concorso con Dalida, mi ricorda una condizione diffusa su Facebook, che anch'io avuto modo di sperimentare. Alla fine, gli ho dato addirittura un nome: priapismo gaussiano.
In statistica, la curva gaussiana rappresenta la distribuzione standard degli eventi, mentre le sue ali riflettono la deviazione da questa media. Una curva gaussiana molto compatta e verticale risponde dunque a una situazione di grande conformità, al limite del conformismo.
Per una ragione connaturata al mezzo informatico, che privilegia testi rapidi, legati all'attualità e magari polemici o conditi con le spezie di forti emozioni, ogni scarto da questo mood (ali della curva gaussiana) viene implicitamente sanzionato dagli utenti, sotto forma di un totale disinteresse.
Diversamente, vengono premiati interventi che non costino un grande sforzo di lettura – siamo davanti a un pc, siamo assillati da mille stimoli (mail, sms, chat), siamo di fretta anche quando l'eternità sta dalla nostra parte. Inoltre, per catturarci, le parole che leggiamo devono suscitare un forte senso di relazione, di rispecchiamento; ed è proprio tale conformità antropologica a generare empatia, fusione dentro una rinnovata media res.
È come, ecco, nella fenomenologia di Mike Bongiorno presente su Diario Minimo di Umberto Eco, che attribuiva il successo del presentatore alla sua proverbiale medietà umana. Ma grazie forse alla stessa attitudine poco problematica per l'interlocutore, pare che Mike avesse soffiato la fidanzata (Enza Sampò) al barbuto filosofo, che con questa analisi impietosa si sarebbe preso la sua rivincita…
In ogni caso, anche un intervento su Facebook deve essere medio: non sotto ma neppure sopra agli altri, ai lettori che non dimentichiamo sono anche coaturi, esprimendo il loro pensiero in altri post sottoposti al medesimo giudizio.
Diversamente, quando si va a cinema o a teatro o a un concerto, come pure visitando una mostra d'arte o leggendo un libro in un silenzio appartato, siamo disponibili e anzi ricerchiamo il meglio, forse perché quel contesto ricettivo (il buio, la sala, il silenzio) favoriscono una provvisoria alienazione da noi stessi, che può essere così colmata dall'opera. Perciò, in questo diverso caso, tanto più è grande lo stimolo e tanto più ci colma, ci soddisfa e gli siamo grati.
Al contrario della soluzione Tenco – una bella rivoltellata e via! – alla fine io ho imparato ad accostarmi a Facebook come ci si accosta a un vecchio compagno delle elementari: come stai, come non stai, ti trovo bene: perché non facciamo una bella rimpatriata?! Ma dopo averlo detto ti viene da morderti la lingua, essendoti accorto che ognuno ha ormai preso una propria strada, una vita autonoma che si discosta dalle infinite partite di biglie nella terra compatta del Centro sportivo, quando davvero si era ancora tutti uguali.
Certo, a volte è bello tornare con la mente a quel tempo bambino, in cui il concetto di democrazia si riassumeva nello scambio delle figurine; ma ciascuno segretamente mirando, aristocraticamente, a quella introvabile di Tarcisio Burgnich. E in quei giorni è anche bello giocare il gioco, questo gioco medio, ammiccante, riflettente, racimolando su Facebook qualche pollicione alzato.
Ma se invece altre volte mi viene il desiderio di scrivere testi più “adulti” e articolati, deviando dalla curva gaussiana del consenso leggero come fa uno sciatore a cui venga voglia di farsi un bel giretto in neve fresca: lo faccio, semplicemente e fregandomene del risultato, già che non esistono solo gli skilift ma anche intere montagne, laghi, fiumi, deserti e pure colline.
Esiste il mondo, insomma, che è un poco più grande di Facebook. E dunque ciao, vecchio compagno di scuola, ciao…

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