sabato 4 novembre 2023

Limonate, o sul pudore come estrema trasgressione

Sulla tratta rossa del metrò o appoggiati al parafango sinuoso di un Maggiolino giallo elettrico, perfino camminando sveltamente, ovunque, di tanto in tanto, negli anni Settanta due giovani cominciavano a limonare.

Si trattava rigorosamente di un uomo e una donna, è importante sottolinearlo, io ancora bambino ne studiavo i gesti e pensavo che tra un niente di giorni – ma allora l'infanzia appariva un ergastolo, con fine pena mai  avrei cominciato a farlo anch'io e tutti mi avrebbero guardato, invidiato.

Poi però non è accaduto. Nel decennio successivo si limonava stravaccati sui divanetti di una discoteca (Tempio, Brick, Moia, quelle in cui limonavo io), o meglio ancora a casa propria o della lei turno, ascoltando l'audiocassetta registrata dalla radio di Un sabato italiano di Sergio Caputo; più spesso non si limonava affatto, in assenza di una controparte attiva da ricercare negli stessi luoghi (Tempio, Moia, Brick).

E adesso?

Al netto della retorica, in parte falsa e in parte vera come ogni retorica, per la quale i giovani coinciderebbero col display dello smartphone sui cui scorrono le notifiche, l'esibizione dell'intimità fisica di un bacio sembra essersi trasferita a coppie dello stesso sesso, che, vicendevolmente perlustrando i recessi orali con la lingua, ancora riescono a strappare un moto di disappunto ai benpensanti, come già avveniva alle coppie etero. Ciò a conferma del fatto che un piccolo elemento di infrazione è funzionale al piacere  se fosse troppo grande, non si potrebbe trasgredire.

Ma allora viene il dubbio che l'oblio della limonata, più che effetto della distrazione indotta dai numerosi device tecnologici, sia da mettere in conto alla sua imposizione: ama, godi, porta a casa la fidanzata e fate sesso nel lettone dei genitori, che tanto non gli dà mica fastidio e poi ci fanno pure uno status su Facebook: "il mio bambino è finalmente diventato grande!"

Licitazionimo lo chiama con un bel neologismo il filosofo e psicoanalista Romano Madera, da lecito, liceità. Quella che Dante rimprovera a Semiramide, per la quale già tutto, non solo, era possibile, ma il possibile decretato: "A vizio di lussuria fu sì rotta / che libito fé licito in sua legge / per tòrre il biasimo in cui era condotta".

Una licenza che i giovani sembrano restituire al mittente. Col cavolo che mettiamo in scena questo ennesimo show, il limite al godimento che non ci date – padri, madri, educatori – lo tracciamo da soli nel cielo, come facevano gli àuguri latini con il lituo. Pensiero ipotetico contenuto nella nuvoletta fumettistica di chi, non ancora ventenne, mi sta di fronte in metropolitana, senza sconfinare di un millimetro nella porzione frazionata della panca su cui siede composta l'amica, compagna, chi lo sa... prima di alzarsi entrambi e scendere a Pasteur.

Eppure un elemento di trasgressione ancora lo si può ipotizzare, ed è il pudore da opporre a un tempo spudorato.

2 commenti:

  1. Io le vedo le coppie etero che limonano, ovvio quelle omo - come dire - risaltano di più.. ;)

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    1. Io, invece, non le vedo più, o comunque molto meno. Ma proprio tanto meno, diciamo che il rapporto è di 1 a 10.

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