giovedì 23 novembre 2023

Inappropriate, o sull'ordine simbolico e la meraviglia

La differenza tra la vita e il cinema, ti dicono, è che nella prima il male accade, così, semplicemente e senza un senso, mentre nel secondo è un segno, rimanda quasi sempre a un'idea di mondo. Un mondo ammalorato, appunto, che grazie a quel segno lo spettatore si presume possa riconoscere, prendendone le distanze.

Eppure, a volte anche le storie della vita insinuano dei segni, ma per intenderli dobbiamo guardarli come se fosse un film, puntellato da reconditi messaggi creati ad arte dal regista, dallo sceneggiatore e perfino dal costumista.

Immaginiamo allora per un istante che la sorella della povera Giulia Cecchettin, Elena, sia un'attrice, e che l'orrenda felpa con la quale ha rilasciato le interviste fosse un abito di scena, si è addirittura parlato di satanismo. Il commento più ricorrente è però stato di inappropriatezza: non ci si presenta in pubblico conciate a quella maniera, a maggior ragione quando tua sorella è appena morta.

Nell'ipotetico film che interpreta, non si potrebbe trovare migliore aggettivo per commentare l'intera vicenda: inappropriata, che sta a significare di non proprietà, ciò che si porge non contiene l'ipoteca di nessuno, e perciò lo si può anche revocare.

Elena Cecchettin è dunque stata davvero inappropriata, almeno in senso letterale, come lo era la sorella Giulia: entrambe fuori dal possesso di un solo uomo o di un'intera benpensante comunità. Di più. Tutte le donne, ma in fondo tutti senza distinzione di genere, dovrebbero essere inappropriati, sia nel lasciare la persona che non si ama più, sia nell'indossare indumenti di discutibile gusto. O meglio: il proprio gusto.

L'unica proprietà che un'altra persona ha su di noi è quella di inviare segni, a cui, a nostra volta, abbiamo proprietà di corrispondere o meno. Quando si realizza la corrispondenza abbiamo amore, amicizia, comunità. Diversamente, quei tizi che stanno al bancone a bere da soli, nei pub inglesi li chiamano sad bastard.

Possiamo anche intendere l'ordine simbolico come il codice del gruppo, e la meraviglia un'inattesa singolarità che non nuoce, ma disorienta e fa pensare. Forse per questo Aristotele sosteneva che la filosofia proviene dalla meraviglia. L'abbigliamento di Elena Cecchettin diviene così un gesto filosofico meraviglioso, in cui l'abituale – andare in tivù compunti e contriti a esibire il lutto – viene rielaborato in nuova forma. E dopo il primo stordimento, le sono grato per avermi arruffato i pensieri.

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