Ho appena letto sul web un commento social che prende avvio dalle seguenti parole: "il punto è sempre l'analfabetismo emotivo dei maschi".
Ovviamente ci si riferisce alla terribile vicenda di
Giulia Cecchettin. Ovviamente è scritto da una donna, con cui non ho alcuna
intenzione di polemizzare. Solo, mi ha ricordato come nella lingua italiana, a
differenza di quella inglese, gli aggettivi abbiano un ruolo spesso negletto,
specie negli ultimi anni.
Ad esempio, la frase citata cambierebbe in traduzione, e per quel
che mi riguarda diventerebbe anche più vera, perfino più bella. Traduzione non completamente fedele, ma aggiustata con uno di quegli aggettivi che gli anglosassoni non si fanno mai mancare:
the point is always the emotional illiteracy of some males.
Meglio, no?
Nessuno ci vieta di fare lo stesso, è sufficiente l'introduzione del medesimo aggettivo, some, in italiano alcuni: il punto è sempre
l'analfabetismo emotivo di alcuni maschi. Non c'è più l'effetto “auanagana” di Alberto
Sordi in Un americano a Roma, ma mica male.
È solo una possibilità, intendiamoci. Non so se esistano statistiche a riguardo, verosimile che l'analfabetismo emotivo sia diffuso, e sebbene con grado diverso (e soprattutto effetti diversi) si declini in entrambi i sessi. Uno stanco cliché ci ricorda che, oltre a un padre, dietro a un ragazzo c'è sempre anche una madre, a trasmettere una pedagogia di mondo spesso allineata. Bastano semplici gesti, qual è la gerarchia nel servire la pastasciutta: prima il marito, poi il figlio maschio, quindi la femmina e in ultimo lei.
Allora fuori alcuni e dentro l'aggettivo parecchi, come fa l'allenatore col giocatore inconcludente. Oppure tanti, molti,
più ancora renderebbe la sua forma superlativa: moltissimi. Devoto Oli e
Zanichelli alla mano, non c'è che l'imbarazzo della scelta.
Ma detta così, i maschi, un aggettivo comunque lo
possiede, sebbene in forma implicita. È tutti: tutti i maschi sono degli
analfabeti emotivi (anche Topo Gigio, sì, anche Papa Bergoglio e il Mago Zurlì)
che è un'evidente sciocchezza.
In un altro film, Palombella rossa, Nanni Moretti si scaglia contro una giornalista che gli fa domande sconclusionate. "Chi parla male pensa male e vive male!" la rimbrotta stizzito. Io aggiungerei che, talvolta, chi parla male uccide la "propria" donna, non avendo compreso che le donne sono tutte improprie, non appartenendo a nessuno. Ed è così che si mostra un nesso non casuale tra analfabetismo emotivo e analfabetismo letterale.
Usiamoli dunque questi aggettivi, anzi questi
benedetti aggettivi, che è pure un aggettivo. Soppesiamoli, ragioniamoci sopra
prima di strillare il nostro sdegno. La perfida Albione non ne possiede il
monopolio, al contrario dei cappelli in pelliccia d'orso canadese che svettano sul capo delle guardie
reali.
Una sortita paradossalmente sessista, quella del commento social.. che non aiuta a risolvere, semmai semina vento..
RispondiEliminaE raccoglie, per definizione, tempesta.
Eliminahai questo modo sornione di dire le cose, questo apparente giochicchiare con le parole (e gli aggettivi!) per centrare quasi distrattamente il nucleo di un problema, che mi piace molto.
RispondiEliminaml
Ma grazie!
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