martedì 22 agosto 2023

Rotta per Antiochia, o su modernità e lettura

Nell'antichità era diffusa la pratica della bibliomanzia. Si apriva a caso la pagina di un libro, in particolare della Bibbia, e da quel che si leggeva si ricavavano delle indicazioni pratiche per la propria vita, frutto del collegamento con una domanda posta al testo in precedenza. Del tipo: È opportuno che io intraprenda il viaggio per Antiochia? Risposta: "La tua parola è una lampada al mio piede e una luce sul mio sentiero", che con un po' di immaginazione potrebbe essere tradotto con un sì, va pure, ma sta attento a dove metti i piedi. Aiutati che il ciel t'aiuta.

A me pare la condizione della tarda modernità simile a quell'antico scenario. Con eccezione dei rabbini, pochissimi allora avevano letto il testo biblico per intero; e a differenza di Mallarmé nessuno direbbe oggi "la carne è triste, ahimè. E ho letto tutti libri." Nemmeno l'uno per cento di quelli pubblicati in un solo anno potrebbero essere letti in una vita intera.

A parte gli studiosi di professione, filologi, docenti universitari e cocciuti autodidatti che passano le giornate in biblioteca, siamo la somma di pagine aperte e lette un po' caso, di cui il nostro corpo costituisce la rilegatura. Ma mi sembra però di scorgere anche una differenza con il passato. È difficile ora incarnare il nostro sapere frammentario, indirizzarlo in un orizzonte biografico, al punto che il più delle volte non viene neppure contemplata la possibilità.

Sì legge un libro, quando terminato si fotografa la copertina e la si posta su Facebook. Ventidue like, va', non male, anche se con la 'Cognizione del dolore' ne avevo fatti trentasette. Senza chiederci cosa quel libro aveva da sussurrarci all'orecchio, proprio e solamente a noi, anzi a me, non dovrebbero esistere plurali al cospetto di un libro preso davvero sul serio, a cui affidare il ruolo di navigatore satellitare. E capite che senza questo ausilio poi è difficile raggiungere Antiochia.

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