mercoledì 16 febbraio 2011

Waterloo


(Concludo con questa vecchia poesia la mia personale trilogia di San Valentino. Ricordo esattamente quando l'ho scritta: era il novembre del 2000. E credo proprio che sia stata l'unica poesia d'amore della mia vita. Di quel novembre la memoria anche di un freddo precoce, una ragazza lontana, bella, che parla una lingua diversa e vagamente cantilenante, illuminando le cose che osserva con occhi azzurri e affilati. Dopo pochi mesi dalla poesia l'amore non ci stava già più, naturalmente. Rimanendo solo l'inchiostro del testo con cui ancora si scriveva. Ma quella ragazza, ormai donna, da qualche parte deve esserci ancora. A cercarci bene, dovrebbe stare perfino nell'elenco delle mie conoscenze su Facebook, insieme a tutti gli altri scarti delle nostre vite, che finiscono nella confusa miseria di quel contenitore di giocattoli guasti. E sono tamburini di stagno che continuano a battere ostinatamente il loro tamburo, anche da soli, di notte, quando annoiato li spegni attratto dallo scintillio di nuovi ammiccanti balocchi. Eppure mi verrebbe voglia di andarli a ricercare proprio stasera: quegli occhi azzurri e affilati, i capelli lunghi e la voce che sale e scende come seguendo invisibili astri, interi cicli cosmici riassunti in una manciata di respiri. Ed è tipico forse dei paesi dove l'estate viene tenuta stretta, capitalizzata in piccoli tranci di sole, da gustare all'ombra dei lunghi mesi invernali. Cercarne gli occhi per capire come potessi scrivere delle scemenze del genere... Tanto che mi viene adesso da pensare che l'amore somigli un poco alla gente che sta lassù: gente strana, ma che ha imparato a succhiare l'amore, piano piano, come si fa con l'osso di una renna, senza tralasciarne nemmeno un minuscolo boccone. Prima di buttare via l'osso e non pensarci davvero più.)


Waterloo, novembre 2000


Che io ti amo – penso
è un fatto di natura
come sale e scende
il mare con la luna
o il girasole gira
al sole o – si sa – i cani
fanno pipì su muri
e copertoni. Ma
che tu mi ami
(e io penso che mi ami)

a quale scienza imputare...?
No questo non si può
spiegare con le leggi
naturali: è storia
il tuo amore, è cultura.
Nel libro polveroso
leggi qualcosa che
agli animali sfugge
e anche a me... Doveva
sentirsi così il soldato
francese nel campo
a Waterloo, lui
vivo e scampato e muto
a domandarsi: “Io
perché io e non Daniel
o Fracois o Jean-Paul...?”
Ma il girasole gira
ancora al sole e i cani
fanno sempre pipì.
Così il tuo amore – penso
è qui: è per me!

2 commenti:

  1. il ricordo del passato
    il passato ancor presente
    il presente è già andato
    e diventa ancor passato
    e con esso il ricordo del passato...

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  2. Anam, la cosa che in tutto questo più mi sorprende, ti confesso, non è la maliziosa ipoteca del passato sul presente, come tu adombri. ma come un presente che sembrava davvero "presente a sé", eterno, maestoso, mostri alla boa del tempo la sua intima e volatile inconsistenza. sì dovrebbe davvero morire nel momento culminante di un amore, per non vedersi sfuggire quel termine vuoto dalle mani, come il palloncino al bimbo che ritorna a piccoli passi dalla fiera...

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