lunedì 3 dicembre 2018

Rospi veri dentro giardini immaginari, o sul grande sonno dei social network

Marianne Moore, da grande e visionaria poetessa qual era, scrisse che compito della letteratura è "mettere rospi veri dentro giardini immaginari".
Mi viene in mente questa frase sempre più spesso. A proposito della famigerata scena dello stupro in Ultimo tango, ad esempio, che tante, troppe polemiche postume ha sollevato. Ma l'accostamento – rospi veri, giardini immaginari – mi risuona tanto più forte quando accedo a un social network, cosa che faccio di frequente.
In un senso opposto, però, alla finzione letteraria e cinematografica. Sul web l'autenticità non corrisponde infatti con le emozioni provate, come nel caso degli attori che rievocano esperienze passate e magari dolorose, rospi veri, con cui sperano di agganciare il mood giusto per entrare in parte, simulando tutto il resto.
Ma dove stanno allora i rospi veri, ad esempio su Facebook?
Semplice: siamo noi. Le foto a corredo del profilo, il cucciolotto di labrador che trotterella smarrito nel nostro appartamento – e alla borsa dei like, sigla anglosassone con cui si misura il consenso, gli animali, specie in giovane età, fanno impennare le quotazioni, quasi quanto il primo bagnetto del figlio o una sposa bianco vestita, su cui piovono feroci manciate di riso. Oppure sono le storie che raccontiamo di continuo, piccole o grandi vicende quotidiane di cui facciamo pubblica ostensione, come l'ostia benedetta innalzata dal prete in direzione dei fedeli.
Esistono però anche i giardini immaginari, ci ricorda Marianne Moore. Che in questo caso consisteranno nel rapporto incerto con gli altri utenti, la sensazione a fil di pelle quando leggiamo in quanti ci stanno seguendo, magari anche amando... Lo deduciamo dai pollicioni blu (correlativo iconico degli stessi like) depositati ai piedi degli interventi che rilasciamo a getto continuo, alla maniera della monetina, tin, lasciata cadere nel cappello del mendicante.
 E così ci svegliamo nel pieno della notte per contarli, per verificare quanto amore siamo riusciti a raccattare anche oggi.
Alla lunga si finisce perfino col credere che un "amico", come viene iperbolicamente chiamato un contatto, sia davvero un amico, o un flirt virtuale un flirt. Eppure anche l'odio degli hater è odio fittizio, giardini immaginari. Certe persone forse odiano, o meglio fingono di odiare, per dare più forza di verità alla loro presenza pubblica, senza accorgersi che è già tutto verissimo.
Talmente vero da aver bisogno di immaginare di non esserlo: dei rospi, quando da piccoli credevamo che saremmo diventati principi e meglio se di un bell'azzurro color del cielo, per essere richiamati al mondo dal bacio di una principessa; in alternativa potevamo essere noi a risvegliarla dal suo sonno, naturalmente incantato, con il semplice tocco delle labbra. 
Ma invece le cose sono andate in modo diverso, non la principessa ma prima uno, poi un altro, e alla fine siamo milioni a esserci appisolati, cominciando a sognare. Un sogno in cui ci troviamo in un giardino bellissimo dove tutti ci guardano e ci vogliono bene.

Nessun commento:

Posta un commento