lunedì 31 dicembre 2018

Buon 2019!


Il pomeriggio del 31 dicembre 2018, dunque oggi, mi sono imposto di ascoltare una conferenza New Age. Non è importante chi fosse il relatore, né quale fosse l’argomento. La New Age è prima di tutto una forma, uno stile del pensiero; o per essere ancora più precisi una mancanza di stile. E come Lord Brummell, per sentirmi elegante, almeno a Capodanno, avevo voglia di assistere alla parata retorica di un autentico cialtrone. Un’eleganza di risulta, insomma.
Nello stile inelegante di quella conferenza che mi sono sorbito fino all'ultima rancida goccia, e al cui confronto la mia appannata figura risplendeva di oro purissimo, il termine che più volte ricorreva era meraviglia. Avendo studiato un po’ di filosofia, il pensiero è andato naturalmente ad Aristotele, il quale faceva risalire proprio alla meraviglia, thâuma, l’origine della stessa filosofia.
Ma quella a cui si riferisce Aristotele è una meraviglia mista a sgomento, lo stupore di chi si sta cagando sotto. Lo spiega molto bene Emanuele Severino tra le pagine delle sue numerose pubblicazioni. Nella conferenza invece tutto finiva col somigliare al balocco ritrovato il 25 dicembre sotto un abete sintetico con le bocce colorate e lucine che si accendono a intermittenza. Ma non è meraviglioso?! Il sorgere del sole, la vostra compagna che aspetta un figlio, quel che il buon dio ha in serbo per noi. Tutto appariva meraviglioso all’oratore della conferenza New Age, la stavo seguendo su YouTube.
Bisogna però riconoscergli una certa onestà intellettuale, per cui, nell’afflato a una continua gongolante stupefazione, venivano incluse anche esperienze assai più prosaiche. Inciampate nel gatto che dorme ai piedi del letto e ruzzolate al suolo spaccandovi il femore, ad esempio, oppure le emorroidi si gonfiano come un palloncino e, come quel palloncino al contatto di uno spilletto carogna, esplodono e cominciano a sanguinare – wow, figata!
Ed è sull’eco di un termine ripetuto a macchinetta – meraviglia di qua, meraviglioso di là – che mi è venuta in mente una parola diversa e forse opposta. Pena. Ne scrive Louis-Ferdinand Céline a pag. 225 del suo Voyage aubout de la nuit:
“Il treno è entrato in stazione. Non ero più molto sicuro della mia avventura quando ho visto la macchina. L’ho abbracciata Molly con tutto il coraggio che avevo ancora nella carcassa. Avevo una gran pena, autentica, una volta tanto, per il mondo intero, per me, per lei, per tutti gli uomini. E’ forse questo che si cerca nella vita, nient’altro che questo, la più gran pena possibile per diventare sé stessi prima di morire.”
Ok, l’ho presa magari un po’ alla larga. E’ che volevo augurare un anno colmo di pena. Ma pena vera, autentica come dice Céline. Pena per me che sono qui a scrivere queste sciocchezze, invece di occupare la vigilia in attività più genuinamente tossiche o divertenti o quantomeno remunerative, pena per voi che mi state leggendo, pena per il mondo intero.
E se ci sarà della meraviglia, sarà per quanto bizzarro e sciatto sta diventando il paesaggio su cui posiamo lo sguardo, rendendoci, di riflesso, ogni giorno che passa più eleganti. E dunque: un "penoso" 2019 a tutti, per diventare finalmente noi stessi prima di… (Beh, il finale della frase è a plasir, non è necessario affrettarsi alla conclusione di Céline.)



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