martedì 11 dicembre 2018

Tra orrore e inferno, o sulle domande giuste a cui si danno risposte sbagliate

Negli ultimi tempi mi è capito di scrivere con crescente ironia, se non a volte sarcasmo, di psicologia, psichiatria, psicanalisi, counselling e giù giù a digradare fino a quelle pratiche di miglioramento o , come si dice, "crescita personale", quali ad esempio la PNL, che nasce come studio sul genio assoluto di Milton Erickson per trasformarsi, opplà, in tecnica con cui vendere più aspirapolvere. Per non parlare dei seminari sulla gestione dei sentimenti e della coppia, magari attraverso la (pseudo) fisica quantistica; e questi sono i peggiori di tutti, ma sta di nuovo riaffiorando il crampo del livore.
Invece, per una volta, non intendevo esserlo. Cattivo. Tanto più che ho alcuni amici che si occupano di tali attività – se un amico fa un corso sulla “Coppia Illuminata” gli tolgo il saluto, ma restiamo nei canoni del buon senso –, amici che stimo e a cui voglio bene. Aggiungo che i miei amici hanno competenza e fiducia in ciò che fanno, si sforzano per ottenere dei risultati. Ma mi sembra di vederli ronzare contro un vetro, bing, bing, bing, come mosche ai primi freddi autunnali. C'è qualcosa che li respinge, non fuori però, e piuttosto dentro alle pratiche con cui cercano di aiutare chi non sta bene. Ma per liberarli da quale male? 
E’ l’orrore, the horror, ripeteva sottovoce Kurtz in una memorabile sequenza di Apocalypse Now, mentre il cranio glabro e sudato veniva solcato da una linea d’ombra, piccolo capolavoro tardo espressionista della fotografia di Vittorio Storaro. “L’orrore ha un volto” continuava quindi Marlon Brando, a interpretare il colonnello che aveva disertato dal quinto corpo delle forze speciali, per creare un suo piccolo regno all'interno della foresta cambogiana, un regno dell'orrore. “E bisogna farsi amico l’orrore…" è ancora Kurtz a parlare. "Orrore, terrore morale e dolore sono i tuoi amici. Ma se non lo sono, essi sono dei nemici da temere. Sono dei veri nemici.”
Ora a me sembra che il punto sia proprio questo: essere amici o nemici dell’orrore? E con esso dello sfascio civile, la volgarità, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Oppure dell’economia capitalistica e della mancanza di bellezza, almeno per noi che, molto più prosaicamente, non siamo tuffati nel pieno di una guerra tra piante esotiche e animali feroci. E’ allora normale che l’anima, anche solo uscendo di casa, invece che in coccodrilli e bazooka si imbatta in questa merda, ritrovandosi lordata e afflitta. Quindi si corra a chiedere aiuto a uno psicologo.
Ma se non soffri i mali del tuo tempo, significa che sei diventato anche tu amico dell’orrore. Oppure, per dirla con le parole con cui Calvino concludeva Le città invisibili
, sei parte dell’inferno. Già che "l’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme".
Per via di tale prossimità infernale, è sempre Calvino a suggerirlo, "due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e approfondimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno. E farlo durare, e dargli spazio."
Andare da uno psicologo, uno psicanalista, un chi vuoi tu che ti prometta la salvezza (o forse sei tu che ti aspetti tanto, e lui semplicemente nicchia, come in amore lasciando credere in quel che, nemmeno volendo, potrebbe offrirti), andare in terapia mi sembra allora e il più delle volte darsi una risposta sbagliata a una domanda giusta, che è quella di fuggire dall’orrore e dall’inferno, per quanto alla bassa gradazione che ci ammorba.
Ma hai sbagliato indirizzo, quella poltrona brucia come tutto il resto. Ne condivide infatti lo zolfo sulla capocchia del cerino, con cui lo psicanalista si accende la proverbiale pipa in radica, oppure le parole a gettare benzina sul fuoco; perfino la prossemica, asimmetrica, è incendiaria, e brucia in sintonia con la piramide umana della nostra epoca, da cui pensa ci si possa salvare individualmente, fare tana come la marmotta. Al termine fanno cento euro, grazie, ma se non vuole la fattura posso farle uno sconticino. Sa com’è, una mano lava l’altra.
E’ come chi andasse in un negozio di bambole per chiedere un bel mazzo di violette. Non è nemmeno colpa loro, di psicologi, psichiatri e analisti, intendo, è solo che per formazione sono tenuti a vendere la Barbie e il Big Jim, e non fiori, giustizia e libertà. Tantomeno bellezza. Ma dove si prende allora la viola mammola, anche detta viola odorata, dove si può acquistare?
Io questo non l’ho ancora capito, ma ho il sospetto che la si debba cogliere, semplicemente cogliere... Prima però va cercata con attenzione, pazienza, individuando quei fazzoletti di mondo scampati alla pioggia del napalm, e all’incedere del deserto del conformismo.
Se non la trovi neppure lì, allora devi infilare un semino nella terra. Poi offrire acqua, sole, cure. E infine non recidere i bulbi che iniziano a tingersi di un bel violetto pallido, per piazzarli subito dentro a un vaso, e il vaso sopra a un mobile di cui scordarti immediatamente. Ma farli durare, e dargli spazio. Questo è l’unico modo per salvarsi dall’inferno senza diventare inferno pure tu.

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