Quando un tuo conoscente si iscrive a un corso di yoga, di Costellazioni familiari, Meditazione trascendentale, Theta Healing e cose così, che nella nostra koinè un poco becera cascano nel calderone della “ricerca spirituale”, puoi giurarci che verrà un momento in cui ti dirà, accompagnando la frase con una sonora pacca sulle spalle: “Tranquillo, rilassati: sei troppo mentale.”
Non importa che stavate parlando della ricetta della pasta con le sarde – c’è chi la preferisce con il pangrattato soffritto, chi senza, io con – oppure dell’ultimo teorema di Fermat: di ciascuna cosa esiste una versione più semplice, emotiva e soprattutto più facile. E la facilità è bella, la facilità è facile, la facilità è come la poltrona su cui il megadirettore fa accomodare Fantozzi: enorme, soffice e informe, allo stesso modo della Verità.
Cosa te ne fai dunque della mente quando la Verità è già lì, a portata di mano, basta solo chinarsi per sedercisi sopra, e poco male se poi si ruzzola al suolo come accadeva al povero Fantozzi. La mente diventa allora come la colonna vertebrale per una contorsionista cinese: un inutile orpello, il buffo cimelio di un'epoca estinta e remota.
Ma è in quel momento, quando mi sento ormai quasi covinto - massì, al diavolo il pensiero e la ragione, tutte "seghe mentali" - che mi vengono in mente le lingue straniere… Sì, le lingue straniere, e il fatto che quasi tutti i miei compagni di scuola più limitati (per usare un eufemismo) al momento della scelta universitaria si iscrivevano a Lingue: “Perché oggigiorno le lingue straniere ti portano da tutte le parti”, aggiungevano.
Che poi le lingue straniere sono davvero una cosa bellissima, interessantissima, un palco all’opera riservato da cui osservare il gran teatro della propria, di lingua. Eppure dobbiamo farcene una ragione: le lingue straniere fanno presa su persone che non sempre sono bellissime e interessantissine, come avviene per la spiritualità.
Ma forse, tanto per cambiare, il motivo di questo paradosso l’aveva intuito Nietzsche, che così ne dava conto in Umano troppo umano: “L'imparare molte lingue riempie la memoria di parole, invece che di fatti e di pensieri.”
Beh, se proviamo a traslarlo alla ricerca spirituale e ai nostri conoscenti che ci rimproverano il vizio del pensiero, ci accorgiamo che, pure qui, la memoria viene sovraccaricata di sensazioni ed emozioni, invece che di fatti e pensieri. Una memoria senza memoria, in altre parole.
Ciò che rimane è una versione del mondo davvero piccina piccina, e però rassicurante, senza sforzo e spigoli in cui inciampare. Ma meglio non cercare di spiegarlo ai nostri conoscenti spirtualizzati: sarebbe una spiegazione troppo mentale.
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