mercoledì 7 agosto 2024

Corpi, uomini e donne social

Mi chiedevo se commentare un post sui social corrisponda a rivolgersi a una persona in carne e ossa, con i relativi galatei di genere che ciò comporta. O più radicalmente, se sia possibile accostarsi a un testo in modo non dico neutro – le sue parole sono parole intestate, possiedono una firma ad anticiparne lo sviluppo – ma facendo riferimento in prima istanza proprio all’identità di chi scrive, e cioè alla singolarità vissuta di cui il nome si fa testimonianza. Non al corpo che sui social viene esibito solo in forma surrogata, o addirittura omesso. 

Basta fare un semplice collaudo. Leggiamo, a caso, dieci post scritti da nostri contatti femminili, e altrettanti che appartengono a contatti maschili. Apparirà evidente che i commenti sono riferibili all'oggetto solo in parte, e quelli lasciati ai post femminili sono molto diversi da quelli maschili. Tutto ciò secondo ricorrenze percepibili: solo limitatamente possiamo associarle alla biografia di chi viene commentato, ciò che si impone è l’indifferenziato del genere.

È come se non potesse esistere un testo fatto di sole parole, una comunicazione che si fonda sulla forza dei propri argomenti – ma anche stile, ritmo, sintassi –, e piuttosto ogni scrittura dovesse essere sessuata, non di rado erotizzata. Diversamente da ciò che una certa tradizione orientata ai gender studies lascia intendere, la caratterizzazione viene però dall’interprete, non dall'interpretato. E fatto salvo quei post di sola immagine, in cui la fisicità è messa a tema con spudorato candore: culturisti che sembrano sul punto di esplodere, allumeuse che hanno studiato con cura, prima di scattare il selfie, il numero di bottoncini da lasciare dischiusi.

Non voglio suggerire che ciò sia male, nemmeno che siamo ottenebrati dal pregiudizio o dall'uzzolo che fa tana tra le cosce. Semplicemente accade questo fenomeno verificabile senza sforzo. Liquidarlo con il termine “amichettismo” (e forse è presente anche questo, ma mi appare, per così dire, un epifenomeno limitato e circoscritto a certi ambienti a cui si è data eccessiva centralità) fa ombra a un dato più originario: non esiste il logos, siamo solamente corpi.

Corpi anche quando ai sensi sia negata la verifica empirica. Corpi pensati dall’altro, prima ancora che corpi che pensano. Così piuttosto che affrontare la vertigine di un pensiero astratto, ammesso che davvero possano esistere pensieri disincarnati, diamo forma immaginaria a quell'assenza. Per poi collocarla su uno scaffale preformato, come facciamo con i libri – i libri di genere, appunto. 

Nessun commento:

Posta un commento