martedì 27 agosto 2024

Forse dovrei farmi vedere da qualcuno...

Ho provato grande tenerezza per quanto ha combinato Antonello Venditti nei giorni scorsi. Durante un concerto a Barletta, senza rendersi conto ha offeso una ragazza con gravi problemi di disabilità. La ragione, ammesso che così possa essere chiamata, è che attraverso la confusa emissione di suoni dalla bocca (forse a testimonianza del piacere di essere lì) ne disturbava il monologo tra una canzone e l'altra. Qualcuno tra il pubblico gli ha fatto notare che era una "ragazza speciale". "E ho capito" ha ribattuto non avendo ancora compreso, "na ragazza speciale che però ha da 'mparà l'educazione."

Ovviamente si è trattato di una grave gaffe, di cui il cantante romano si è più volte scusato con imbarazzo, mortificazione che mi è apparsa sincera. Questo suo disagio corrisponde a una condizione diffusa: noi dell'altro sappiamo sempre meno (la ragazza disabile si trovava assiepata ai piedi del palco, confusa tra altre centinaia di ragazzi, le luci di scena tutte rivolte sull'artista), mentre le interazioni tra persone si fanno mediate e virtuali. Venditti ha così interpretato la situazione secondo parametri di pura fiction, legati a un copione narrativo ricavato da sue precedenti esperienze, non a ciò che stava effettivamente accadendo.

Il web rappresenta il correlativo dell'episodio in scala aumentata, culmine di un processo di smaterializzazione cominciato molto prima: le guerre non più combattute tra corpi – Ettore e Achille che si affrontano nella polvere davanti alle alte mura di Troia –, sostituiti da armi a lunga gittata, droni si insinuano e deflagrano nella vita reale. Ma in fondo, già l'utilizzo dell'automobile rappresenta un punto di discrimine tra prima e poi – come non ricordare l'episodio contenuto nei Mostri di Dino Risi, con Gassman, cittadino integerrimo, che appena sale alle guida della sua Fiat 600 si trasforma in un pericoloso pirata della strada. Ed eravamo nel 1963, Venditti frequentava il primo anno di ginnasio al Giulio Cesare.

La progressiva opacità degli interlocutori può essere superata attraverso una restituzione immaginaria e benevola, per evitare di essere perennemente incazzati. Potremmo, ad esempio, ipotizzare che il proliferare di odiatori seriali sia costituito da disabili, come nel caso del concerto. Padre, perdona loro perché non sanno quel che fanno. Oppure sospendere il giudizio, in una sorta di epochè postmoderna: io non lo so mica perché oggi mi sembrate strani, e a dirla tutta pure io non mi sento tanto a posto. Quelle orecchie pelose che mi stanno crescendo... gli zoccoli... la proboscide...

Forse dovrei farmi vedere da qualcuno, ma da uno bravo!

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