mercoledì 14 agosto 2024

Grasso e magro, o sulla legge del pendolo

La mia cara amica Agave Spinosa – è ovviamente uno pseudonimo – su Facebook, dove così si firma, fa delle interessanti considerazioni sul tema dell’aspetto fisico femminile, sospettando che molti uomini la sfuggano nel timore di essere contagiati dalla sua grassezza, o più precisamente dall’elemento insano e minaccioso che ciò comunica.

A parte che non è affatto vero che lei sia grassa, ma nelle fotografie presenti sul suo profilo non è neppure magra, e seguendo l'oscillazione culturale di questi termini è possibile avventurarsi per qualche considerazione ulteriore. Intanto, a differenza di quanto scrive, non credo che l’accumulo di adipe induca fantasie ospedaliere, addirittura epidemiche, una sorta di Covid ante litteram, il grasso come untore. Tradizionalmente, è piuttosto alla magrezza che viene associata una cattiva salute.

Esistono ragioni storiche fondate: i poveri erano malnutriti e morivano prima dei ricchi; inoltre, chi ha malattie terminali tende a dimagrire, si consuma come una candela; un’altra metafora spesso chiamata a rendere manifesto il pensiero, con la cera che scioglie e dilegua allo stesso modo dell’adipe. Solo molto dopo sono apparsi i grandi obesi americani, ad alto rischio di qualsiasi cosa, ma si sa che l'immaginario hai suoi tempi di assimilazione.

C'è però un immaginario parallelo, quello erotico, che su magrezza e grassezza è da sempre altalenante. Temo valga solo per le donne, per gli uomini non si avvertono particolari scarti. Nel solo Novecento abbiamo continui mutamenti di percezione. Si inizia con il culto per le donne filiformi dei primi decenni del secolo, per passare alla pancetta, orgogliosamente esibita, dopo il secondo conflitto mondiale; le chiamavano maggiorate, o ben carrozzate. D'altronde dopo cinque anni di orti di guerra e tessere annonarie, rientra nel principio di compensazione.

Bisogna attendere i tardi anni Sessanta per ritrovare la magrezza di Twiggy e Veruschka, quindi l'androginia di Grace Jones, l'ambiguità di Amanda Lear che, nel 1978, sussurrava con voce roca: “Voulez vous, a rendez vous tomorrow?” E sembra di udirlo il coro dei maschi: “Sì sì, vogliamo un rendez vous: tomorrow, dopo domani, quando te pare – ma vedemose!”

Trascorrono due soli anni e si arriva agli anni Ottanta, con il pendolo estetico che oscilla di nuovo dalla parte opposta; non siamo ai livelli espansi degli anni Cinquanta, Cindy Crawford diviene il nuovo paradigma: coscia tonica ma tette che reclamano una terza abbondante, se non una quarta. E infine puff, a cavallo del nuovo millennio si sgonfia tutto, per essere bella si impone la dieta del conte Ugolino, quasi anoressiche le ragazze ritratte sulle riviste di moda, emaciate e loro sì davvero insane – eppure proprio per questo desiderabili.

Dell’estetica recente fa fede una battutaccia di Berlusconi, riferibile solo con molti asterischi. Parlando al telefono di Angela Merkel gli sfugge un'espressione sconciamente epigrammatica, in cui i nuovi tempi trovano preciso riflesso: "c*lona inch**vabile" la definisce. Ma per Trump le c*lone sono tornate a essere ch**vabili. E, dunque, la partita è di nuovo aperta.

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