Gli uomini colti, studiosi, anzi no meglio, studiati, sui social tendono a offrire un’immagine di sé abbastanza
uniforme, in cui il corpo trova pochissimo spazio e nessuno il genere maschile,
il mascolino come rappresentazione. Solo rare fotografie che li ritraggono, a
introdurre il sospetto di un'ipoteca ideologica. Così la potremmo formulare: io
sono puro pensiero, non volgarissima carne. Dei moderni gnostici si direbbe.
Esattamente il contrario di quanto accade a donne ugualmente istruite,
sempre osservate da quella specula antropologica che sono i social. Parlo per
macro categorie, tendenze. Che le vede impegnate in una riflessione anche
fisica, a noi restituita attraverso immagini a volte esplicite, perfino
erotiche, sensuali, nei limiti della censura bacchettona del mezzo. Perlopiù si
tratta di selfie, in cui il proprio corpo viene documentato nel dettaglio,
accompagnando l'incarnazione all'astrazione intellettuale.
Non credo sia presente una strategia di qualche tipo, piuttosto viene alla mente
la modalità del collaudo, si prova e si vede che succede. Eppure, a chi
incrocia quelle immagini, sembra di potervi scorgere un sotto testo, ricorda il
refrain di una celebre canzone di Rossana Fratello: “Sono una donna, non sono
una santa, non tentarmi non sono una santa…”
Però intanto io tento te, continua l’interpretazione azzardata degli
scatti, voglio vedere quale è il tuo punto di rottura, se cedi, capitoli, mi
lasci un like come gesto di resa al mio essere femmina, non solo donna. Quello
valeva negli anni Sessanta: le donne che si fanno strada nei circuiti
intellettuali, tradizionalmente maschili, identificandosi con il cervello. Ora
non basta più, acquisito il riconoscimento si fa ora un passo indietro. Come
nel Monopoli, dopo avere fatto tutto il giro si riparte da vicolo Corto.
Ma allora è seduzione, stanno cercando di rimorchiare? Forse no. Se pure ti
piaccio – dì la verità che ti piaccio… prosegue il sotto testo – sappi che non
mi puoi avere. Guardare ma non toccare. Mica sono una troietta qualunque; ho
studiato filosofia con Maurizio Ferraris, fatto il master in Germania, lavoro
in una casa editrice prestigiosa e parlo tre lingue moderne e due antiche. E se
non ti basta ancora, ho pure il numero del portatile di Baricco.
Tutte cose effettivamente vere. Se vai a leggere quel che scrivono la prosa
scorre via limpida e scattante, anche ironica, pungente. Un piacere! Oppure
puoi trovarvi citazioni da Sylvia Plath, Hannah Arendt, Etty Hillesum. Il
meglio del meglio del catalogo Adelphi, insomma.
È la disposizione femminile che i francesi chiamano allumeuse. Donne che accendono il desiderio maschile per il solo
gusto di farlo, lasciandolo poi ardere in solitudine, nessuna speranza di
spegnere le fiamme con le loro acque. E ripeto va benissimo, nessuna critica o
recriminazione: è un modo come un altro per definire i propri limiti e
possibilità, riconoscersi attraverso lo sguardo dell’altro.
Arriverei perfino a dire che rappresenta un elemento di pragmatica
saggezza; l'intelligenza di chi ha compreso la natura del mezzo, convertendo il
freno in acceleratore di traiettorie sensibili, significanti privi di alcun
significato. Qualcuno potrebbe insinuare il sospetto di narcisismo, ma anche se
fosse come biasimarle, in un luogo dove ogni relazione reale viene negata a
priori. Quando su Facebook viene chiamata amicizia
un semplice contatto tra sconosciuti, perché non chiamare, fuorviando
ugualmente la semantica, eros l'esibizione sterilizzata del proprio corpo?
Dunque hanno ragione loro.
Ma allora quelli che hanno torto siamo noi, la manifestazione erotica è ciò
che fa difetto nell’ascetismo intellettuale. Va nella direzione di quel
processo alchemico che Jung chiamava mysterium
coniuctionis, in cui gli opposti trovano integrazione e non più solo
conflitto: io sono preziose sinapsi ma anche tette sode, culo e coscienza
critica, il libro e le rose. È la logica dell'et et da sostituire all'aut aut,
praticato dai maschi letterati.
Credo che dovremmo iniziare a fare lo stesso. Uscire dai monasteri e
tornare a fare i bei sirenetti, lasciare fiorire il pacco con nonscialante
casualità, e poi piazzare pure la medaglia al valore intellettuale, la
citazione di Roland Barthes che ci distingue dagli infiniti pacchi senza
griffe. Perché, alla fine, il gioco a me sembra questo, uguale uguale al
sistema della moda. Ci sono i jeans Armani e ci sono i jeans Carrera. Sono
identici, ma i primi costano cinque volte di più.
Un bel corpo smutandato – uomo o donna, non fa più molta differenza – con
allegata una frase di Kafka varrà allora cinque volte uno accompagnato dalla
scritta vai maggica Roma! Un gioco un
po’ infantile e senza premi in natura. Pazienza. Ma se dobbiamo giocare,
giochiamo pure.
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