mercoledì 4 gennaio 2023

A Vittorio Feltri e Lidia Ravera preferisco il cavolfiore


“La scrittrice Murgia non mi piace non per quello che dice o scrive ma perché è brutta come l’orco”. Lo scrive Vittorio Feltri sui social, venendo immediatamente – e giustamente – ripreso da migliaia di uomini e donne, soprattutto donne.

Tra di esse una tra le più pronte e frementi è Lidia Ravera, che inizia la sua invettiva con la precisazione: “Vittorio Feltri, a cui nessuno ha mai imputato di essere vecchio e racchio, a prescindere dalle cose che dice o scrive, benché sia nato nel 1943 e non brilli per avvenenza.” Più avanti aggiunge che “fa paura la mancanza di rispetto per il pensiero quando a pensare è una donna. Fa paura che invece di confutare si insulti. Fa paura che l’insulto sia sempre sei brutta. O sei vecchia. O sei vecchia e brutta. Come se le donne fossero innanzitutto graziosi trastulli per sua maestà il maschio, con cui si può essere in accordo o in disaccordo, ma mai ti verrebbe in mente di inchiodarlo al suo aspetto.”

Devo dire che condivido quasi tutto ciò che qui scrive Lidia Ravera; Feltri, nella circostanza, è davvero indifendibile. Eppure c’è quel quasi, una sfumatura, un niente, su cui sto rimuginando da un po’. Si tratta dell’avverbio di frequenza sempre: fa paura che l'insulto sia SEMPRE sei brutta. O sei vecchia. Ma siamo proprio sicuri?

Io penso, al contrario, che viviamo un'epoca storica mai così cauta nell'esprimere giudizi fisici sulle donne, oppure giudizi etnici, critiche su culture minoritarie come quella degli indiani Cicorioni, per cui in Ecce Bombo Nanni Moretti partecipava a virtuosi sit-in; insomma, quello che ora viene chiamiamo politically correct, e un tempo buona educazione.

Ci sarebbe molto da dire al riguardo – io ci vedo aspetti sia positivi sia negativi; gli ultimi, e come sempre accade, nei suoi estremismi – ma la vicenda mi sembra che possa essere meglio inquadrata al singolare: Vittorio Feltri è un gran cafone, non è la prima volta che si lascia andare a commenti del genere, pensando forse di essere anticonformista. Invece è solo un pirla. Ma ricordarne l'età accompagnata da una dichiarazione di scarsa avvenenza, mi ricorda una formula infantile – "specchio riflesso" si diceva all’amico chi ti canzonava – per restituire pan per focaccia.

Una replica al peggiore maschilismo, ma, anche, in questo caso, del peggiore maschilismo. Di segno solo invertito. E nemmeno Lidia Ravera è nuova a questa inversione matematica, almeno se vogliamo dare credito alla quarta di copertina di un suo recente pamphlet: “Avete mai provato a guardare gli uomini come se fossero donne? A valutarli in base alla loro avvenenza, all'età, alla freschezza, al sex appeal? Lidia Ravera l'ha fatto, tre volte alla settimana, in novecento battute, dal marzo del 2009, sul quotidiano L'Unità. Ha applicato uno sguardo implacabilmente maschile ai protagonisti della vita politica italiana.”

Ebbene, se questo è il gioco, perché stupirsi? In fondo è vero che Michela Murgia è meno bella di, mettiamo, Belen Rodriguez, così come Feltri sfigura al cospetto di Brad Pitt. E adesso? Chi ha vinto? Come possiamo andare avanti in quella che Leopardi chiamava conversazione, e altro non è che il medesimo umano procedere nel verso che conduce alla morte: uomini, donne, animali? Dobbiamo forse incendiare le scoregge, vedere chi, tra i generi sessuali e post sessuali, le spara più forti e tonanti?

O magari si può fare un passo indietro e dire che Vittorio Feltri è un maschio, o se si preferisce e per maggiore completezza un giornalista maschio. Non tutti i giornalisti e tutti i maschi, o, peggio ancora, il soggetto che fa da antonomasia al suo genere e alla sua professione. Solo quel maschio giornalista lì. E poco importa se sia bello, brutto, vecchio o se abbia sex appeal, una formula linguistica che si usava cinquant’anni fa.

Ugualmente, mi vergogno perfino a doverlo aggiungere, l'ovvio andrebbe sanzionato, la singolarità a cui dà voce Feltri non deve permettersi di commentare pubblicamente l’aspetto di Michela Murgia; che lo faccia dal parrucchiere se proprio ne sente l’esigenza, in quella che è considerata un’enclave protetta dalla correttezza politica, dove il pettegolezzo estetico può ancora allungare i suoi spilli.n

Un giornalista maschio che ha insultato una femmina prima ancora che una scrittrice, anche lei portatrice di virtù e vizi del tutto particolari. La situazione è questa e ha certamente riflessi collettivi, politici. Ma lasciamo perdere la dimensione astratta che vedrebbe contrapposti maschi a femmine. Già che altri maschi, la maggior parte, giornalisti o meno, si esprime diversamente.

 

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