Leonard Cohen
Alle 4.12, sotto la pensilina di un distributore della Total, vicino a Monza, attendo un amico senegalese. Si è appena appartato, dietro lo stesso distributore, con una prostituta nigeriana. Dice di chiamarsi Giuly, è un po’ culona ma molto simpatica e sboccata.
Mi
è sempre piaciuto l’odore di benzina. Da bambini, con mia cugina Alessandra,
sognavamo di essere già grandi per poterne bere un goccetto. Pensavamo che da grandi
tutto sarebbe stato possibile...
Il presente è questa tiepida notte di giugno, l'anno degli europei, 2016. Il presente è un'Opel Corsa di un colore che non ho mai capito, che colore è. Tengo il quadrante acceso ma il motore è spento, mi serve per ascoltare Leonard Cohen sull’autoradio:
“The Future”, la mia canzone preferita.
Give me back the Berlin wall
give me Stalin and St Paul
I've seen the future, brother:
it is murder...
Cosa ti aspetti dal futuro? dettavano pigre le maestre delle elementari, sorseggiando caffè nero da grossi thermos dorati. E tutti a scrivere di getto più o meno le stesse cose, precipitandoci poi alla scrivania per consegnare il tema, come se stessimo votando per l’elezione di un tempo che finalmente ci corrispondesse.
Give me back the Berlin wall
give me Stalin and St Paul
I've seen the future, brother:
it is murder...
Cosa ti aspetti dal futuro? dettavano pigre le maestre delle elementari, sorseggiando caffè nero da grossi thermos dorati. E tutti a scrivere di getto più o meno le stesse cose, precipitandoci poi alla scrivania per consegnare il tema, come se stessimo votando per l’elezione di un tempo che finalmente ci corrispondesse.
Sì,
tutto sarebbe stato finalmente possibile, da grandi, nel futuro!
Futuro
che, a noi cuccioli delle elementari, doveva apparire lontano e gigantesco, come un
quadro del realismo socialista che si accoppia con un grattacielo a forma di Cornetto Algida, per partorire un'astronave di Pongo.
Ma in un certo senso avevamo ragione noi. Perché il futuro, penso vedendo finalmente comparire il
mio amico dietro la pompa del gasolio, con una mano si rassetta il caffetano azzurro mentre, dietro di lui, un'altra ombra nera mi sorride e fa l'occhietto, il futuro è molto
più vario e imprevedibile e burlone, delle attese sul futuro.
No Giuly, questa sera sono stanco. Un'altra volta, magari... Nel futuro.
No Giuly, questa sera sono stanco. Un'altra volta, magari... Nel futuro.
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