mercoledì 1 agosto 2012

Semi senza frutto, o sull’età quando ha perduto il suo tempo (per Federico)

 
Ma Federico, avrebbe aperto anche lui un blog, un lounge bar, un’agenzia di mediazione civile grazie al decreto legge del 4 marzo 2010, basta possedere un diploma e un ufficio e un computer, quindi essere iscritti a un'associazione di categoria, ad esempio l'ABDR, Albo dei Buttafuori delle Discoteche Romagnole? Già, ma quale computer avrebbe utilizzato Federico: Macintosh o Pc, iPhone o Samsung S2, televisione al plasma oppure LED…? Magari sarebbe diventato uno di quei cacatori di arenaria che non guardano la tv, Federico, solo romanzi Adelphi o al limite i mistici sufi nell’edizione Bompiani di Gabriele Mandel, che negli anni si aggiunse da solo il vezzoso titolo di Khan, Gabriele Mandel Khan, nelle lingue dei popoli nomadi della steppa con il significato di capo, comandante, come Gengis Khan. La domenica mattina si sarebbe dunque sintonizzato su Radio3, Uomini e profeti, la Caramore che intervista Enzo Bianchi e Massimo Cacciari, il nuovo culto laico per le religioni. E così Federico avrebbe seguito i seminari di Gianfranco Bertagni sulle tradizioni spirituali comparate, forse sarebbe diventato buddista, o metodista o trappista, seguace degli antichi rituali celti, con druidi canuti che invocano gli spiriti guida nell'anfiteatro dei menhir, quei suppostoni di pietra che Obelix intagliava a mani nude. Obelix, già... A casa di suo padre, del padre di Federico, da qualche parte deve ancora esserci la collezione di Asterix che gli ho prestato; come per i nani di Biancaneve, si faceva gara a chi ricorda più nomi, tutti rigorosamente terminanti con la ix: Assurancetourix, il bardo stonato che viene imbavagliato in occasione dei banchetti, a capo del villaggio Abraracourcix, con l'unico timore che cielo gli caschi un giorno sulla testa, Matusalemix e le sue infinite primavere; perciò nessuno vuole farci a botte – lui al contrario non aspetterebbe altro – durante le risse che puntualmente si accendono nella pescheria di Ordinalfabetix, appiccate dalle insinuazioni del fabbro Automatix sulla freschezza del pescato. Il pesce, ecco! Federico sarebbe potuto diventare uno di questi maniaci del pesce, quelli che vanno solamente nei ristorantini con le tendine e le lucine e le statuine in stile Brancusi, dove servono la tartare di tonno e la crudité di spada e salmone, un vinello fresco della valle del Reno. Oppure niente Reno, niente vino, e piuttosto il neo-salutismo coatto, l’animalismo virtuoso, il veganesimo alimentare e l'ornamentale New Age, a comporre il cerchio mistico delle mani da cui far scoccare la coralità vibrante nell'Ohmmmmm, ritrovandosi al termine da O' Marinariello, nuova gestione, a dividersi una pizzetta senza mozzarella solo verdure di stagione, salutandosi poi con "un abbraccio di luce"... No no, non ce lo vedo Federico. Ma neppure con i pantaloni aragosta e la Fred Perry con il collo alzato, da sfoggiare all’happy hour a cui arrivare sempre un po’ in ritardo, e pace se le pietanze più appetitose stanno già squagliandosi nelle viscere dei puntuali e grezzi. O peggio ancora scoprire il body building e la maratona dopo i quarant’anni, eppure anche in questa risacca festosa avrebbe potuto galleggiare Federico, con quale certezza posso escludere che sarebbe diventato tifoso della Pellegrini e di Magini, tra gli attempati ragazzetti che sfogliano le pagine sportive di Repubblica – giustificandosi con la scusa che Gianni Mura scrive bene – e regalano al figlio la maglia della Nazionale con il numero di Balotelli, il numero nove che già fu di quel Boninsegna di cui mi invidiavi l’introvabile figurina, ti ricordi Federico? Quindi essere padre, controllare il libretto delle giustificazioni, l’orario di rientro la sera; o invece uno di quei genitori up-to-date che scaricano la musica da eMule insieme ai figli, canticchiando Alfredo dei Baustelle quando li accompagnano a scuola il lunedì mattina, mentre a sua volta il figlio, tuo figlio maschio occhi azzurri e grandi come te, ricambia con una strofa di Mick Jagger. O ancora, votare Beppe Grillo alle amministrative, il cinema di Tarantino e dei fratelli Cohen, i noir svedesi su Amazon con un semplice click, gli amici degli amici, che sono tuoi amici, su Facebook, i nemici e però cordiali, i tatuaggi tribali, le lingue straniere, essere padroni a casa nostra, il tempo che resta, le feste comandate, la spontaneità di massa, fare cassa con la finanza derivata, i capelli brizzolati, la Programmazione Neuro Linguistica, la svastica sugli accendini, i corsi per diventare sommelier, i rentier, i corsi di qualsiasi cosa, in edicola, a dispense settimanali, la Playstation 1, 2, 3, l'Omega-3, il tè verde con gli antiossidanti, la maionese senza conservanti, l'aggettivo carinissimo, gli albanesi e i libici sui barconi, ma tanto è solamente Blog, i livelli milanesi dello smog, il kebab, la bici elettrica, la fica depilata, i pannelli fotovoltaici, TomTom o Garmin, altro dilemma capitale, il pane ai multicereali e la macchina per sfornarlo, per produrre il bene da sé o meglio ancora in famiglia, tutto si fa meglio in famiglia, giù nel box la Storia del Partito Comunista di Paolo Spriano, in un cartone, a fianco del Ducati Monster che ha preso il posto del Morini College; te l'ho passato io per un paio di occhiali da sci Cebè, era una sera in cui avevamo entrambi bevuto troppo, ma se non altro avevano le lenti a specchio e il galletto tricolore: somigliavo, due gocce d'acqua, a Gustavo Thoni dopo la prima manche al Sestriere, con l'abbronzatura del viso come il cono bigusto della Sammontana. Dimenticavo, le vacanze. Ora, devi sapere, Federico, si va in vacanza, ma soprattutto si parla delle vacanze. Così, quando incontri un nostro coetaneo, ti racconta dei posti esotici dove è stato in villeggiatura, e si aspetta che tu faccia lo stesso; sì, proprio e ancora come con le figurine: si confronta e ci si scambia l'altrove. E allora, vediamo, da dove avresti potuto essere appena rientrato... Massì, andiamo sul sicuro: diciamo Sharm el Sheik, a Sharm el Sheik a febbraio con una tipa appena conosciuta su Meetic e le gambe il doppio delle tue – che non erano lunghissime, dai, anche se quel medico ti aveva detto che con la pubertà mi avresti superato in altezza – ma vent'anni in meno. Dunque una ragazza di ventisei anni, cinque più di te, di quel te a cui mi sto rivolgendo da quando sei uscito con un piccolo salto dal tempo, ma che non sei ancora tu, Federico, e non sono nemmeno io. Perché avere un’età non significa semplicemente avere tempo, il tempo che tu non hai e così l’età ti rimane incollata come catrame sotto ai sandaletti da scoglio, quelli che chiamavamo "le Orribili" e io indosso ancora per eccentrica nostalgia, una volta anche a un matrimonio. Le producono in Francia, sempre in silicone trasparente o colorato, ma vengono vendute solo negli Stati Uniti, dove le acquisto attraverso internet e mi arrivano in una settimana: Lione, Chicago, Sondrio, corrono le merci più veloci del vento che fischia, della bufera che urla, in questo sol dell'avvenire che ci dicono già avvenuto, e se non ce ne siamo accorti è per via degli occhiali scuri, con o senza galletto. E allora fidati di me, Federico, fidati come ti sei fidato quella volta che mi hai consegnato il giornaletto trovato nei campi dietro la scuola, con lei bianca e lui nero che facevano delle cose, ma quali cose...? Un po’ si vedeva un po’ era nascosto dal fango raggrumato, dovevamo fidarci di quello che ci stava sotto, fidati che non è più tempo per avere la nostra età sepolta, la tua Saltafoss di oro purissimo, il manifesto di Julius Erving, Dr J., appeso sulla porta del bagno che ti guarda mentre fai il bidè, sospeso in un'infinita schiacciata che sembrava non planare mai, e invece si è schiantata al suolo pure quella. Ma ancora più infinite – cosa ci sarà più dell'infinità... – parevano le attese in sagrestia per servire alla messa della domenica mattina, la cotta bianca che si accoppia con la tonachetta nera come i due nel giornaletto, con pigra devozione tra l'odore della terra fresca, il fumo intenso del turibolo, in un'oscillazione lenta, il capogiro del tempo... Ma alla mia nuova età, Federico, non si ha più voglia di spartire il fumo con gli dei, dividere l'arrosto con il tempo, questo tempo qui. Se non la manciata di parole patetiche e tristi che qualcuno leggerà al posto tuo. E che, come tutto, come noi, resteranno semi senza frutto.

2 commenti:

  1. Suonano ora le due e mezza e vado a dormire con gli occhi lucudi e una sensazione di dolce tristezza e nostalgia per i College, le saltafoss, i poster di Julius Erving e Federico.

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  2. Davide, ho scritto quest'intervento, o almeno era mia intenzione, come una ballata, qualcosa come un blues per voce recitante e musica di accompagnamento. non sono certo di esservi riuscito, almeno da un punto di vista estetico. certo che c'è molto di me, di noi e forse pure dei nostri inciampi, nel cascata di parole che mi sono scappate fuori come il tempo...

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