mercoledì 15 giugno 2011

La spaccata


Non io ma un mio amico, il mio amico giura di averla vista per davvero. O forse, ora che ci penso, si trattava di un suo amico, il quale assicura che si trova ancora lì in questo momento... La descrive come né alta né bassa, né bella né brutta, vestita solo di un leggero abito di organza scura che le arriva sopra le ginocchia, lasciando intravedere gambe robuste e leggermente divaricate, alla maniera di chi si stia accingendo a un esercizio di stiramento muscolare, quello che chiamiamo spaccata. O meglio sta cercando di fare la spaccata vicino a un ruscello che scroscia limpido e festoso, è una tarda mattina di tarda primavera, tutto è tardo e lievemente fuori posto, come annebbiato. Anche il ruscello, a ben guardare, non è propriamente vicino ma sta sotto l'abito plissettato della donna, che l'amico del mio amico ha visto con i suoi occhi e dice metto la mano sul fuoco, non ci credi?, metto la mano sul fuoco. Quindi la donna continua a divaricare le gambe e a ridiscendere leggermente con il busto, come ha visto a fare alla tivù in uno di quei programmi in cui una ragazza giovane e bella e sorridente mostra i trucchi per rassodare i glutei - li ha chiamati proprio a questo modo: trucchi - ma anche i seni, rimuovere la cellulite e diventare belle come lei, che è giovane e bella e sorridente come sempre sono le ragazze della tivù, pensa la donna mentre incunea i piedi nudi tra le sponde rocciose. Per non cascare a terra, o è il caso di dire dentro l'acqua gelida del ruscello, la donna ha infatti compreso che è necessario trovare un punto fermo per l'appoggio, e le rive opposte e ravvicinate servono perfettamente allo scopo. Così saldamente impuntata riprende a spingere con gli adduttori, suda, si sforza, emette infine un piccolo gemito di soddisfazione. Il compasso femorale a mala pena raggiunge un angolo di quarantacinque gradi, d'accordo, ma il ruscello cosa sta succedendo al ruscello?! No, non è solo un'impressione: il ruscello si è allargato, se ne è accorto anche l'amico del mio amico e dice metto la mano sul fuoco, si è allargato, non ci credi si è allargato?, il ruscello intendo. E anche se solo di qualche centimetro, ora è più ampio e rigoglioso di prima che la donna iniziasse a fare la spaccata - sì, insomma, a provarci almeno. Con questa certezza ricomincia a spingere con aumentata convinzione, nel tentativo di realizzare quella perfetta e simmetrica figura che ha visto compiersi nella ragazza della tivù, e con tanta sorridente facilità: sembrava davvero "un trucco". Spingi spingi e il ruscello aumenta nuovamente di larghezza, diventa un torrente, poi un fiumiciattolo, un canale, un naviglio ma la spaccata no, quella ancora non le riesce. In compenso, oltre al greto del fiume - ha già raggiunto la misura di un fiume, ma non smette ancora di espandersi - si sono mossi per reazione anche i terreni circostanti, in un lieve tremolio che ha risvegliato una capra che dormiva sdraiata nell'erba, accanto a una pianta di ciliegie grasse e mature. La vibrazione del terreno non si è però fermata alla capra e alle ciliegie: ha raggiunto un gregge di mucche olandesi al pascolo, poi uno scoiattolo che si era spinto fino al limitare del bosco, gli alberi silenziosi al suo interno, le cui foglie hanno iniziato a fremere e a stormire insieme al cinguettio spaventato dei passeri e poi ancora le montagne, il mare, dove il terremoto si è trasformato in un'onda imponente e scura, con l'orlo bianco e sgualcito come il colletto del droghiere. Peccato che della spaccata che tanto facilmente riusciva alla ragazza della tivù, ancora neanche l'ombra. E così un giorno nel fiume dove la donna sta provando a coincidere con il suolo e le acque, navigheranno i traghetti, le chiatte con i bancali, e sarà tanto largo da non riuscire a scorgere una riva dall'altra, se non con uno di quei cannocchiali affusolati con cui si riescono a vedere i fiorellini sulle mutande delle femmine, a vederli e a contarli dalla terrazza su cui l'amico del mio amico si sorbirà una limonata fresca con la cannuccia, forse perfino l'ombrellino. Ma anche riflessi nell'acqua che scorre impercettibile come il tempo, noi potremo intuire i fiorellini stampati sugli slip della donna, anzi già li vediamo, stanno lì e con più la donna si avvicina all’acqua nel tentativo di realizzare la spaccata - quasi un ponte tra mondi che sono a ogni suo sforzo sempre più distanti, eppure uniti - quanto più chiaramente vediamo delinearsi la sagoma dei fiorellini, uscire dalla nebbia della tarda mattina di tarda primavera. E allora ci viene in mente che in fondo è un bel modo per concludere una storia: un ciuffo di fiorellini gialli, rossi, azzurri e blu su un tappeto liquido e lucente, che abbaglia lo sguardo e fa chiudere le palpebre con un sorriso... (Mentre il mondo, là fuori, continua a tremare e si levano certe onde minacciose.)

2 commenti:

  1. Fantastico racconto mitico. Ovvero: tutto il mondo tra le gambe di una donna.

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  2. può darsi che sia come dici tu, non lo so, è un racconto o meglio un'immagine a cui mi sono affidato senza troppe mediazioni, resistenze, quella della donna che divarica la terra nel suo tentativo di divaricarsi. mi è semplicemente arrivata e io l'ho afferrata, tutto qui, come alle giostre si afferra la coda di provolino...

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