sabato 24 febbraio 2024

Incontri, o sull'autenticità

Mi capita sempre più spesso di abbozzare delle brevi conversazioni con una cassiera dell’MD. Io vado a quello di Casacce, lo preferisco alla sede di Sondrio (più grande, fornita e soprattutto vicina a casa) perché meno affollato, rare le code alle casse. Dunque nessuna furia nel riporre il latte d’avena e i cavoletti di Bruxelles nel borsone giallo, hanno una birra al luppolo in fiore di Ravenna molto buona, sulla confezione dello yogurt controllo sempre prima la scadenza, faccio ogni cosa con calma e intanto ho iniziato a scambiare qualche parola con la cassiera, a cui ne sono seguite altre.

È cordiale e simpatica con tutti, quel tanto di eccentricità nei modi più che nell’apparire (uniformato dalla divisa d'ordinanza), anche carina, alta, genere Jean Seberg in À bout de souffle; ma quest’ultimo è un pensiero che alla mia età va subito restituito allo scaffale in cui campeggia la scritta: fuori tempo massimo. Quando l’argomento è caduto sulle serie televisive abbiamo scoperto di avere gusti comuni: per entrambi Mad Men è una delle serie più belle di tutti i tempi, ma lei non ha ancora visto Fargo; devi assolutamente vederla le ingiungo ogni volta, ma poi c’è il cliente successivo che inizia posare le crocchette per il cane sul nastro scorrevole, seguono budini, salsicce, una sottomarca della Coca-Cola... I nostri discorsi finiscono così col somigliare al loro argomento, si interrompono bruscamente per riprendere alla spesa successiva, sono un sequel dalla durata brevissima.

Certo, non è possibile addentrarsi in sottili disamine (perché Don Draper non vuole avere rapporti con il fratello… e di cosa è metafora la sua smania di accaparramento femminile?) ma solo incontrarsi a quel livello basico dell’umano che è il piacere – a me piace questo. Piace anche a te, ma dai! Allora siamo in due, come scrive Emily Dickinson in una celebre poesia. È un istante, in cui il minimo cerchio che chiamiamo io, allo stesso modo dell’insiemistica, si sovrappone al cerchio del tu, e dall’intersezione è come se emanasse un fugace bagliore, quasi un abbaglio.

Cosa ci sia dietro l'intensità di quel riflesso non è dato sapere, in fondo anche l’oggetto verbale è solo un pretesto, si pattina con le parole in superficie. Eppure è proprio da una disposizione svagata – come a dire esposta, indifesa – la premessa per perforare l’occasione ed entrare senza bussare, sporgersi alla soglia dell’altro in una relazione che, per paradosso, è tanto più vera quanto più limitata; come se il resto fosse troppo, il mondo una forma di esubero.

Nel raggiungere il parcheggio dell’MD e da lì la mia Seat Ibiza a GPL, aprire il portellone, caricare la spesa, mi sembra di avere avuto un incontro autentico con un altro essere umano. Chissà, forse l'autenticità è proprio questo: un riverbero a fior di pelle, un aura che se viene osservata troppo a lungo dilegua; meglio dunque non approfondire, lasciare gli abissi della terra agli speleologi e quelli dell'anima agli psicanalisti. Controllo l’orologio, il tutto è durato tra i sessanta e i centoventi secondi. Bastano e avanzano per quel precisissimo radar chiamato piacere.

2 commenti:

  1. Due parole con la cassiera capitano anche a me, magari a fine turno di giorno feriale, quando non c'è quasi nessuno, e c'è come un aprirsi, un confidarsi di pochi secondi, ma col sorriso e la voglia di una chiacchiera fine a se stessa. Quel piacere che sottolinei.

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    1. Già, si potrebbero anche chiamare epifanie, lampi di una verità in prosa quotidiana.

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