venerdì 2 febbraio 2024

In hoc signo vinces, Baricco second track

 

Ieri ho scritto un breve commento sull’intervista concessa da Baricco a Fabio Fazio, pubblicandolo, pari pari, su questo blog ma anche su Facebook. Bon, quello che avevo da dire al riguardo l’ho già detto, non mi ripeterò. Mi interessa ora rilevare come anche malconcio (malconcio non è un’offesa, lo dico a scanso equivoci e ben sapendo di maneggiare una materia delicatissima) Baricco ha il potere pressoché unico tra gli scrittori italiani di divaricare il consenso, con livelli di emotività che sfiorano l’isteria delle groupie quando i Fab Four sbarcarono negli Stati Uniti.

Ciò è puntualmente avvenuto anche tra i commenti al post, che nelle mie intenzioni cercava una via mediana tra le opposte tifoserie, in una battaglia persa in partenza. Eppure, anche quando sfidi i mulini a vento, puoi avere delle sorprese; nella fattispecie si tratta di un aggettivo, insigne. Per una commentatrice lo sarebbe Baricco, insigne, non di certo io continua a incalzarmi, forse per quel sentimento di lesa maestà a cui accennavo. Dunque posso scrivere ciò che voglio ottenendo il medesimo effetto dell’acqua passata, che come recita il proverbio non macina più.

Accidenti, è vero: la chiave sta tutta lì! Nella capacità di andare a segno, assumendo il termine nel suo significato letterale – dal latino insignis, composto di in- e signum, da cui la conclusione del dizionario Treccani: che si distingue per un segno particolare. Talune persone, Baricco, ad esempio, si distinguono per un segno particolare, si distinguono in salute e malattia, si distinguono comunque e al di là di ogni giudizio di valore. I più invece annaspano nell’indistinto, e i social rappresentano forse un illusorio strumento attraverso cui sottrarsi a questa condizione, scagliando il proprio segno verso un fantasmatico bersaglio. Della serie Facebook e l’arte del tiro con l’arco…

Peccato che anche quando tu dovessi ricevere un centinaio tra like e cuoricini, il segno impresso si stinge entro un paio di giorni. Continui così a non essere insigne, devi infiammare una nuova scoreggia, pubblicare la foto di un gattino, dischiudere un bottone in più al decolté. Radicalizzando l’intuizione della mia acuta commentatrice, mi sembra che sia uno dei tratti qualificanti l'intera tarda modernità: la difficoltà di lasciare segni. Chi ora può ancora dire, a parte Baricco, in hoc signo vinces?

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