venerdì 2 agosto 2019

Di che gusto sei? Corso accelerato di antropologia


Ci sono tanti modi per studiare l'antropologia. Ad esempio montare su un aeroplano, farsi migliaia di chilometri sopra a nubi indifferenti, quindi accamparsi all'orlo di un villaggio sperduto pregando dio di non essersi scordati l'Autan, in attesa di essere accolti oppure bolliti in un pentolone. Io però sono un po' pigro, e la distanza che copro si limita a un centinaio di metri scarsi da casa mia, dove si trova un'ottima gelateria. Nei mesi estivi ci vado tutti i giorni a prendere una coppetta da due euro, ma soprattutto per studiare l'antropologia.
C'è chi entra, accaldato, e ordina un gelato al limon, come nella canzone di Paolo Conte. E quelli sono i tradizionalisti, i diffidenti. Altri invece – e io sono tra quelli – scorrono tutta la vetrinetta alla ricerca dei gusti più nuovi e bizzarri: birra, zuppa siciliana, polenta e latte... E non è difficile intuire che questi sono i curiosi, gli sperimentatori, più aperti al mondo e alle novità, ma anche alle inevitabili cantonate (puffo è la cosa più ripugnante che ho assaggiato!). 
Il master avanzato di antropologia lo frequento però al momento dell'acquisto delle vaschette da asporto. Alcuni cercano di stipare l'involucro di polistirolo con il maggior numero di gusti, più ce ne stanno meglio è: malaga accanto a bergamotto, nutella e frutti di bosco, tiramisù compresso tra pistacchio e mango e caco e stracciatella... Evidentemente, queste persone pensano che i sapori siano delle essenze primordiali, come le metti le metti, tanto sono insensibili alla vischiosa congiura del mondo. Sorta di archetipi platonici che si fanno un baffo delle ombre illusorie. 
È solo con un'altra tipologia di clienti, i quali prediligono pochi e selezionati gusti accostati tra di loro con disciplina asburgica, che si insinua il dubbio che la combinazione cambi invece la sensazione finale, potremmo azzardare la sua stessa natura. È infatti l'ananas ancora ananas quando entra in contatto con la liquirizia, oppure diventa qualcosa di diverso? Già, ogni accostamento lo modifica un poco. E se la domanda valesse allora anche per noi: stare tutto il giorno con un cretino, o una cretina, magari ci fidanziamo pure perché ha un bel paio di gambe, ci porta a essere le medesime persone di quando stiamo con una persona intelligente?
No, cambiamo, come cambia il gelato a seconda dei gusti con cui si struscia nel palato. Ma se l'identità è solo un effetto della relazione – anche un cono tutto nocciola diventa insapore, senza una lingua che lo accarezza lentamente –  perché non prestiamo più attenzione ai rapporti, ai gusti con cui componiamo la vaschetta della nostra vita?
Facebook, ad esempio. Io ho quasi raggiunto duemila "amici" su Facebook; gusto paciugo in pratica. Ma non è che in questo mettere mettere mettere, aggiungere persone a oltranza (avete ventisette amici in comune sussurra il programma, zac, dentro un altro), non è che io stia in realtà perdendo qualcosa, mutando in una direzione in cui stento a riconoscermi, e cioè a essere riconosciuto da qualcuno che davvero pronunci il mio nome? Difficile però tornare indietro, a quel passato prossimo in cui i rapporti umani erano solo vaniglia e cioccolato, al limite anche un ricciolo capriccioso di panna montata...

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