sabato 3 giugno 2017

Il trattore di Luca


Luca aveva un trattore rosso e un cane smilzo. La razza del cane non la so, ma non abbaiava mai e il pelo, sempre un po' arruffato, era bianco e nero.
A esser precisi l'animale apparteneva ai genitori di Luca, il trattore glielo aveva regalato il nonno per Natale.
Mi piaceva il trattore di Luca. Il cane mordeva.
Un giorno ho chiesto a Luca di fare cambio: gli davo una tigre del Bengala se mi cedeva il suo trattore rosso. Una tigre del Bengala, ma di plastica, mica vera, più un gioco della Play più lo scudo di Capitan America. Ci stai?
Il cane dei genitori di Luca aveva già morso il postino e il dottore. Si trattava di un dottore per la mente che, ogni lunedì, andava a trovare la mamma di Luca e poi parlavano di cose strane, ma strane forte.
        Lo so perché il mio amico me le raccontava il giorno dopo, li ascoltava con l'orecchio posato sulla porta della sua cameretta stracolma di giocattoli, anche se io gli invidiavo solo il trattore rosso. Tipo che lei sognava di affondare in un enorme piatto di minestra con i cavoletti di Bruxelles.
Il cane aveva azzannato il dottore all'uscita dalla villetta, l'aveva seguito in silenzio e poi sgnaf, più che un vero e proprio agguato sembrava volesse assaggiarlo, o perlomeno è quanto mi ha detto Luca. Ma ora pure sua mamma era stata pizzicata su una caviglia.
Non è nulla, è solo un graffio… aveva sussurrato la donna abbassando lo sguardo, mentre si ripuliva le gocce di sangue con un fazzoletto chiaro.
Un graffio un graffio: un graffio un corno! Così non si può più andare avanti, guarda qui, aveva tuonato il padre di Luca strappandole il fazzoletto macchiato di rosso, e poi l'aveva battuto insieme al pugno sopra al tavolo della cucina, che aveva scricchiolato.
Il pugno, in realtà, me l’ero immaginato io. E pure lo scricchiolio, ovviamente. Mi piace ogni tanto immaginare delle cose.
Il padre di Luca credo che di lavoro facesse il politico, o qualcosa del genere. L'aveva detto mia zia durante il pranzo di Pasquetta, aggiungendo, con un sospiro e la testa rivolta nella direzione del marito, che poi è mio zio: Quello sì che sa farsi sentire…
Una volta, con un ramo di robinia, io e Luca avevamo premuto tra le cosce del cane. E premi pemi era sgusciato uno strano coso, ricordava il colore delle persone che stanno schiantando dalle risate. Perfino l'animale sembrava divertirsi scodinzolando come fosse un nuovo gioco.
Un coso grosso e violaceo e ridicolo che faceva ridere pure noi. 
Volevamo solamente vedere, mica gli abbiamo fatto niente, c’eravamo giustificati con il nonno di Luca, quello del trattore, che c'aveva sorpresi in quel momento.
Lasciate stare il cane, aveva replicato il vecchio con la voce debole e roca, l'espressione grave.
Noi abbiamo annuito e interrotto all'istante, ma quel che ho visto mi è rimasto in testa alcuni giorni. Sì trattava di un'appendice di carne turgida e tozza, la punta però era lunga e sottile, smilza come il resto del corpo. Somigliava al ghiacciolo Draculino.
Luca diceva che era grande quasi quanto l'aggeggio di suo padre. L’aveva visto un giorno mentre usciva dalla vasca dell’idromassaggio, a differenza della madre lasciava sempre la porta spalancata. e come al solito teneva il cellulare incollato all'orecchio: parlava più che ascoltare. Dobbiamo recuperare il gap, ripeteva asciugandosi con l'altra mano i testicoli.
Anzi molto di più, si era corretto subito Luca. Quello di mio padre è molto ma molto più grande!
Così prima di dormire il pensiero correva al padre di Luca. Quanto può essere molto di più: come un torrone alle nocciole, un fucile Ninja, un intero cane di una razza che non so?
Poi però mi immaginavo il trattore rosso di Luca e mi addormentavo quasi subito. Mi immaginavo che era mio.
Una mattina Luca mi ha detto che il padre, mentre la mamma era andata da un nuovo dottore, continuava a cambiarli, aveva portato il cane dal veterinario, che l'aveva fatto dormire con una puntura. Dormire per sempre. Perché mordeva.
Ha aggiunto che non gli interessava più la mia tigre del Bengala. E il gioco della Play e lo scudo di Capitan America…? Nemmeno quelli.
Si teneva il suo trattore rosso.
Non ho più visto Luca, ma credo che il padre abbia fatto carriera. C’era una sua fotografia stampata sul giornale, la stessa dei manifesti sotto casa, tutta la via ne era ricoperta, sembrava fosse appena arrivato il Circo Americano.
A fianco di lui la moglie, lo sguardo di quando l'aveva morsa il cane, è solo un graffio è solo un graffio, e dall'altro lato Luca. L'ho riconosciuto subito, anche se gli erano cresciuti dei baffetti scuri e mollicci. In basso una didascalia del colore del suo trattore: Svegliati contribuente!
Ma qualche sciocco aveva scritto sopra a pennarello: Patti ha la figa spuzzolente, utilizzando alcune lettere del manifesto.
Il nonno di Luca nel frattempo era morto. Lo so per certo, mia zia è andata al funerale. Mia zia dice che bisogna andare ai funerali dei parenti delle persone che contano, muoversi, farsi vedere. 
Arrivata a questo punto fa una pausa, ormai ci siamo abituati e nessuno parla, aspettiamo che concluda il discorso buttando un' occhiataccia allo zio. Quindi si porta una mano aperta verso l'orecchio: Farsi sentire, soprattutto!
Una persona importante, da quel che capivo, è uno che si fa sentire anche quando muore, come se avesse una specie di eco incorporato, una suoneria nascosta nel doppiofondo della bara. I cani e tutti gli altri invece muoiono in silenzio.
Il nonno di Luca era vecchio, taciturno e gli tremava la mano sinistra, sembrava uno che a gesti dica: così così. Ti piace la minestra con i cavoletti di Bruxelles? Così così.
Ogni tanto ancora mi immagino quel cane, Bill si chiamava, come Bill Gates, mentre lo pungoliamo con la spada di Zorro. Gli disegniamo una zeta proprio sulla punta del cazzo.
Poi arriva il nonno di Luca, continuo a immaginare, e con la sua mano tremante – così così – gli ricopre il grosso coso. Lo ricopre con una carezza, come si fa con i morti e con i bambini piccoli.
Allora il cane, Bill, lo guarda, scodinzola, e gli sussurra: Non mordo più, giuro.
        Ma non tutto quello che io mi immagino diventa vero. La maggior parte finisce da qualche parte, in un luogo che non so…

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