martedì 18 agosto 2009

Ma non lo vedi ...


Ma non lo vedi che abbiamo le ginocchia così frolle da non sentirli più i tuoi richiami, rauchi incitamenti a usare il jab, a tenerlo lontano quando ciò che noi vogliamo è proprio e solo il corpo a corpo finale, la rissa da osteria. L’ho osservato mentre si accasciava sul tappeto e ancora muoveva i guantoni nell’aria, cercava di colpire qualcosa, l’idea astratta di nemico imparata nell’assorta catechesi degli sguardi altrove, sempre altrove … Il sangue scendendo dal naso (per fortuna già rotto) distillava un happening da new english theatre per i più vicini allegri, mentre i più lontani dovevano accontentarsi degli avanzi del banchetto, sacchetti di patatine Pai in cui soffiare e fare il botto e spaventarsi da soli come sinossi di una vita, moviole di un’esistenza, decine di ripetizioni ogni volta uguali – e questo potrebbe anche essere ovvio a chi abbia anche solo sfogliato Nietzsche la mattina presto confondendolo con Fichte, o Hegel, o (per non rischiare) non andare a scuola del tutto e tirare sassi piatti dalla riva contando dopo quanti balzi vanno a fondo, spariscono nel quasi blu … Ma non dimenticateli più i microfoni aperti dall’angolo, dal mondo fuori sincrono della registrata nel tuo osceno “dai dai, ce la poi ancora fa!” Quando ciò che vogliamo è proprio e solo il balzo finale, lo sprofondo. Ma con l’onore delle armi e un più garbato finale.

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