Mi ricordo la prima volta che scopammo solo perché era la prima volta che scopavo, tu mi chiedesti all'improvviso: Cos'è questo?
Avevo dimenticato dentro al letto uno dei due grossi tomi del Devoto Oli.
Ci urtammo contro nel rotolare avvinghiati, incastrati come fanno i cani e i cristiani – il cuore batte forte, sudore, l'estate al suo culmine. Lo schizzo di sperma arrivò rapido e intenso, con l'impazienza degli esordi. Uno scarabocchio vischioso simile allo sbavo della penna stilografica. La tua pancia era la pagina. Con un dito sistemasti la calligrafia, per poi infilarlo in bocca.
Sa di tappo, concludesti mimando l'espressione austera dei sommelier. Come mai dormi con il dizionario?
Non ti risposi. Chissà che parola avevo ricercato prima di abbordarti al bar della discoteca di un albergo – noi ci andavamo solo perché li soggiornavano le ginnaste –, poteva essere apotropaico o ipallage o catafratto... Una di queste parole difficili che trascrivevo su un quadernetto viola.
In seguito dimenticasti tu qualche cosa nel mio letto. Una catenella d'argento, la tenevi legata alla caviglia sinistra. Mi suonasti al citofono dopo l'allenamento, non mi aspettavo di risentire la tua voce, hai mica trovato una catenella? Ma si sa come vanno certe cose... e diventò la seconda volta che scopavo.
Devo ricordarmi di prendere un dizionario.
Me lo dicesti, distrattamente, la
terza volta, tra una Muratti Ambassador e l'altra. Io fumavo Chesterfield ma più che altro perché mi piaceva il pacchetto. Forse volevi stabilire un'alleanza
provvisoria, un ponte di barche. Basta una piena del fiume per spazzarlo via.
Non potrei vivere senza dizionario, te lo confidai per telefono dopo più di sei mesi che non toccavo sigarette. Mi piaceva usare parole difficili, per descrivere la tua carnagione usavo l'aggettivo eburnea, oppure lattescente, nivea, sfoggiavo le parole del quadernetto viola parlando coi miei amici. Ma questo non te lo dissi.
Nemmeno che mi stavo innamorando di te.
Avevo smesso di fumare quando eri tornata ad Arezzo da un marito che c'era e non c'era, non ho mai capito bene ma meglio non indagare. Venisti ancora due o tre fine settimana e per le vacanze di Pasqua. Piovve tutto il tempo occupato a scopare, l'abbiamo fatto tantissime volte, ormai ho perso il conto. Se lo chiedevo a te rispondevi non ricordo.
Lontani ci spedivamo lettere, fotografie. In una Polaroid stavi in Svizzera, potevi avere quattordici anni, massimo quindici, i lunghi capelli neri strozzati dalla coda di cavallo. Con lo stesso dito che aveva toccato il mio seme sfioravi una rosa rossa – la tinta ora è un po' sbiadita – dentro a un giardino ugualmente sbiadito.
Non avevo mai contemplato la possibilità che in Svizzera esistessero dei giardini, tantomeno rose.
Poi arrivò la piena del fiume, in fondo era prevedibile. Ti tagliasti i capelli da sola, alla Valentina di Crepax aggiungesti con tono vezzoso, mentre io lasciai crescere i baffi, mi facevano somigliare ad Alan Sorrenti. Smisi anche di scopare, con la mia nuova fidanzata lo chiamavamo fare all'amore.
Oggi ho cercato il significato del termine ipallage che mi ero di nuovo scordato. Adesso si fa in fretta, al posto del Devoto Oli c'è l'intelligenza artificiale. Potrebbe dirmi, perfino, dove si trova la tua tomba, il Cimitero Urbano di Arezzo è grande. Ma dovrei fare come Pollicino per ritrovare la via del ritorno.
Avevamo una memoria disastrosa, e tu capelli bellissimi.

La tua scrittura nervosa, incisiva, ironica, che procede per fotogrammi e precisi dettagli (fantastico il dizionario nel letto che diventa ponte fra voi due) qui da’ il meglio di sé
RispondiEliminamassimolegnani
Grazie Massimo! Questo è un testo che ho ripreso da una prima versione di una quindicina di anni fa, che ho profondamente rivisto. Sono contento che ti sia piaciuto, è una direzione di scrittura che mi interessa sviluppare. In questo lavoro che ho chiamato delle "iniziazioni" (sono tutti brevi testi con il comune incipit mi ricordo, e che vanno a fotografare momenti per così dire dischiusivi) mi muovo ancora un po' a tentoni, come se ogni episodio reclamasse un suo diverso stile. O forse sono io a non avere ancora trovato la mia voce...
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