Mi ricordo di una famosa attrice brillante ai funerali del marito altrettanto brillante e famoso, ne furono trasmessi degli stralci in quasi tutti i programmi televisivi, specie quelli di fascia pomeridiana che sottoscrivono contratti pubblicitari in forza di emozioni intense sottolineate dagli applausi del pubblico in studio. La cerimonia si tenne nella chiesa di Dio Padre a Milano 2, dove la coppia risiedeva, il 17 maggio del 2010, quando la donna non aveva ancora compiuto settantanove anni. Ma la sua età appariva indefinita; non è vero che le afflizioni invecchino, oltre una certa misura astraggono. Seduta su una sedia a rotelle con dei grandi occhiali da vista e l'occhio sinistro ricoperto da una garza (forse l’esito di un intervento chirurgico), dava l’impressione di essere finalmente riuscita a trascendere i numerosi accidenti che, nell'ultimo periodo, ne avevano minato la salute: il dolore aveva compiuto un salto di scala, immettendola a una dimensione metafisica del patire.
Non ho mai più incontrato una disperazione altrettanto compiuta, nelle coppie senza figli chi sopravvive precipita nel lutto senza il paracadute di una discendenza, tratti somatici o nella voce che gli ricordino la persona venuta a mancare. Ma qui lei non soffriva soltanto, si era fatta spazio concavo per ospitare quel figlio mai arrivato in quarantotto anni di matrimonio, a cui aveva dato la sagoma di Sofferenza; nei tempi antichi pare fosse esperienza diffusa: la psiche umana, nella resa alle passioni, diventa il teatro per l’ingresso in scena di un dio. Il funerale di Raimondo Vianello, di lui naturalmente stiamo parlando, più ancora di quello di Lady Diana o di John Fitzgerald Kennedy, si è così rivelato una tardiva manifestazione del mito, e Sandra Mondaini l’emblema incarnato della perdita. Ma c’è anche un aspetto personale. Da quel giorno ho cominciato a guardare alla vita degli altri con occhi diversi, come se fossero azioni di borsa e ne detenessi una minima quota, da monitorare sui grafici. Nelle fasi toro rimango indifferente ai guadagni, però quando i titoli precipitano sento che la direzione mi tocca, di più, mi riguarda. Provo a confrontare la memoria con le immagini registrate, su YouTube si trova tutto.
Quasi subito si impone il volto tramortito della vedova, mostra la confusione della bambina con il costume a pois che vaga per i bagni 123 di Rivazzurra, i genitori vengono ricercati con l'altoparlante; lo strazio è nei gesti e nelle poche parole in risposta alle condoglianze, il resto sono lacrime. Per un personaggio pubblico il nome di battesimo (Totò, Annarè, Albertone) è la certifica di essere entrati nel cuore degli spettatori. Sandra, tutti anche qui la chiamano Sandra – Sandra e basta. Da dietro si avvicina il nipote e le carezza dolcemente le guance inumidite, poi gli subentra Silvio Berlusconi, la sua personalità lo porta a volere essere lo sposo a un matrimonio e il morto a un funerale, ma sembra autentico il bacio che le deposita sulla fronte. Dapprima non lo si vede ma si riconosce la voce: è Pippo Baudo. Salito sul presbiterio invita i presenti – che idea cretina! – a intonare in coro il nome del collega scomparso: Raimondo, Raimondo, Raimondo… nemmeno si trovassero a un addio al celibato femminile, e si spronasse il muscoloso spogliarellista a calarsi gli slip.
Dettagli che avevo scordato, in fondo non aggiungono molto a ciò che ricordavo, ed è rimasto intatto e sopito negli anni; i traumi funzionano allo stesso modo suggerisce la psicologia. In quel volto al culmine del dolore era già tutto presente, perfino il passato e il futuro, a fare da specchio a ogni successivo magone. Il più frequente è la percezione di essere vivo dentro a un corpo corruttibile, un corpo che si affeziona alla corruzione di altri corpi. Ciascuno a perdere e dunque, più che amare, il mio rimpianto prende via preventiva.
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