Facebook è un unico enorme testo. Come tutti i testi, è composto da capitoli, capoversi, righe, frasi e singole parole. Ma la copertina che tiene assieme il brogliaccio è la medesima. Da quando ho avuto l’intuizione, ho iniziato a sfogliare le sue pagine – quel testo dice molto di noi, di dove stiamo andando come comunità – compiendo una sorta di perlustrazione dall’interno, come in quel vecchio film in cui un sottomarino viene introdotto nel sistema circolatorio di un corpo umano.
Per immergermi sempre più a fondo ho seguito l’esempio
delle serie tivù: piccoli pezzi, microstorie, un procedere frammentato
dentro un unico grande racconto. La sua polpa narrativa va ricercata nelle
bacheche altrui – è il mezzo a prevederlo, non vi è effrazione –, per poi
riportarne (in molte occasioni) degli stralci, ossia i campioni di sangue che
di volta in volta analizzavo. Ma sono sempre stato attento a rispettare la
persone da cui proveniva il prelievo, la punturina avrebbe dovuto essere
indolore. E l’ago più sottile consiste, come anticipato, in un’attenzione
esclusiva al testo, trattato con la cautela riservata a un’antica reliquia
egizia.
Ugualmente, in molti si sono offesi. Mi è stato rimproverato: 1)
di non citare le fonti, quando le tacevo; 2) di citare le fonti, quando invece
inserivo nome e cognome dell’autore dello stralcio. Oppure, molto più
semplicemente, di essere una testa di cazzo, che per inciso mi appare la
critica più sensata.
A oggi considero però definitivamente terminata la ricognizione,
e se dovessi riassumere ciò che ho scoperto con una formula giornalistica,
direi: è un brutto libro, spendete diversamente il vostro tempo. Ma con rare
magnifiche pagine.
Grazie a quelle pagine e quei compagni di viaggio, non cancello,
come mi ero proposto, il mio profilo Facebook. Ma la mia identità di agente in missione
segreta è ormai bruciata. Mi metto così a margine delle parole pronunciate sui
social, foto di gattini, selfie imbronciati, cosce lunghe sul bagnasciuga,
insulti, ammiccamenti erotici e non erotici (ma soprattutto erotici), guizzi d'intelligenza,
tramonti, slanci civili, vanvere incivili, motteggi, complotti, orsacchiotti,
sarcasmi, parole che vanno a capo confuse con poesia, bellezza vera, diorami
delle copertine dei propri libri come a dire io sono uno che legge, che pensa,
io sono…
E bon, mi fermo qui. Aspettando nuove idee. Se arriveranno, il
mio sottomarino continuerà a navigare ma in superficie, senza aghi, spilli o pungiglioni. Altrimenti continuate
voi. Ciao!
Facebook è una caciara. E' incontrare uno che non vedi da secoli, in metro, solo che scenderà alla prossima e in 45 secondi gli butti addosso mille notizie alla rinfusa. Eccolo facebook.
RispondiEliminaNei blog non si può mettere like ai commenti. Ma se fossimo stati sulla metropolitana di Facebook, l'avrei messo al tuo ;-)
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