mercoledì 12 luglio 2017

Pornografia, o sugli abusi del concetto sulla prassi



Da alcuni anni vedo moltiplicarsi i testi, anche dotti, articolati se non addirittura filosofici (Pornosofia dell'ottimo Simone Regazzoni, ad esempio), che prendono sul serio la pornografia, in genere per rivalutarla quale gesto estetico rivoluzionario, eversivo dell'ordine simbolico borghese. Addirittura artistico, ohi!
Altre volte i giudizi sono però di segno opposto, con il porno che viene accusato di questo o quell'altro vizio etico, perlopiù a danno delle donne, della loro "dignità" si dice, sottolineando il termine con quella vocetta chioccia che viene ai genitori quando impongono ai figli l'ora di ritorno dalla discoteca.
Si sottace però che le ragazze esibite nei video porno sono hanno prima dovuto presentare a un provino, e ciò che noi vediamo è il fortunato (per loro) esito di una scelta volontaria e remunerata, a onor del vero sempre meno.
L'indignazione, in questo caso, risulta essere più realista del re, quando ci sono donne con altre categorie di decenza quindi di degrado e magari basterebbe non andare su YouPorn, se proprio ci infastidiscono certe immagini.
Insomma, quelle ragazze fanno ciò che fanno a titolo unicamente personale, non pensiamo che una donna debba sempre rappresentare tutte le donne, facendo della sineddoche la misura con cui guardare al mondo. Sarebbe come dire che i siciliani sono piccoli e mafiosi, perché abbiamo visto Totò Riina in tivù.
Mi sembra dunque che la prospettiva etica, allo stesso modo di quella estetica, politica, culturale, aiutino poco nella comprensione del fenomeno, che è di natura eminentemente tecnica e si risolve in una domanda: funziona?
Quando la funzione è ovviamente onanistica, masturbatoria, e nemmeno in senso generale ma a uso esclusivo dei maschi adulti di specie umana, che di questo stimolo si sono sempre avvalsi, anche solo con l'immaginazione.
O detta ancora più brutalmente: la pornografia sta alle seghe come la sciolina allo sci di fondo.
Per la medesima ragione, tocca riconoscere che il rapporto uomo donna è effettivamente asimmetrico, con la pornografia che interpreta in chiave iperbolica, quasi fantozziana, il solo immaginario maschile, non certo la diffusa realtà dei rapporti tra i sessi.
Prova ne è il frequente uso dell'immagine in soggettiva, che va a coincidere con l'orizzonte, non di rado multiplo, del maschio che monta con foga forsennata, in un traslato filmico che porta a riconoscerci nel vigore di quest'ultimo.
Ciò che la camera mostra e l'occhio guarda mentre la mano scende, è in altre parole quel che gli uomini vorrebbero fare ma ahimè non fanno, o meglio non riescono a fare con fidanzate e mogli (dicasi identificazione proiettiva, per quelli che usano flatulenze al posto di scoregge).
Bisogna aggiungere che, negli ultimi anni, soprattutto in Francia e nei paesi nord europei, è in corso un tentantivo di fondazione di un immaginario pornografico al femminile, con registe e porno attrici molto engagé che fanno proclami altisonanti sull'argomento.
A me sembra in ogni caso un fenomeno un po' gonfiato (dall'informazione sempre a caccia di notizie piccanti), mentre il dato realmente nuovo è quello di una crescente curiosità delle donne verso il porno tout court, che mi sembra possa esser fatto rientrare in quel processo di ibridazione dei generi di cui psicologi e antropologi parlando da alcuni anni, da cui i maschi metrosessuali e le donne un po' maschiaccio.
Da questo punto di vista – l'immaginario popolare – la pornografia risulta essere una specula privilegiata sulla mutazione in corso, e quei testi dotti di cui si diceva possiedono una loro specifica utilità: ci raccontano non dove realmente stiamo andando come comunità umana, ma il modo in cui le schegge di un sistema esploso si compongono nella mente dei singoli individui, a dar forma a un desiderio sempre più idiosincratico e rabbioso.
Ma se qualcuno mi chiedesse a muso duro: "Ok, hai fatto il tuo pistolotto, ma adesso dimmi: ti piace la pornografia?"
Beh, non credo che anch'io esiterei, e gli risponderei con convinzione: "No, mi fa schifo, non la sopporto proprio. La pornografia, da qualche tempo, mi induce una sensazione fisica di disgusto!"
La mia risposta non conterrebbe però alcuna sottigliezza estetica, o un riconoscimento morale a favore delle donne, gli oppressi, le minoranze e altre baggianate del genere. Tantomeno una visione del mondo personale, una weltanschauung.
No, semplicemente, come tutti i depressi clinici, sconto uno sciopero generale nella mia fabbrica di testosterone, che rende il desiderio sessuale simile all'appetito per chi esca da un banchetto nuziale.
Ma per chi ancora produce ormoni a pieno regime, poche però le occasioni per collocarli al gran bazar delle relazioni: accomodatevi, c'è posto, guardate e fate ciò che si è sempre fatto, e che nei confessionali i preti di paese chiedevano di enumerare con trepidazione: "Quante volte ragazzo...?"
Ma poi non venitemi a dire che quella è arte, o che Monica Vitti recitava meglio.

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