giovedì 13 luglio 2017

Al rogo al rogo! o sul ritorno di Robin Hood nella foresta di Facebook



Una cosa che mi colpisce in questa fenomenologia dei social network che da qualche tempo vado componendo dall'interno, come il ricercatore che si inietti il nuovo farmaco per testare gli effetti su di lui, una cosa che non smette di sorprendermi è l’uso che qui viene fatto dei verbi, specie nei casi di abusi manifesti.
Pensiamo ai consueti roghi estivi, che funestano anche l’estate in corso. Quando, da ragazzo, ne ascoltavo i commenti al bar Piero, le espressioni più ricorrenti erano: se li prendono dovrebbero fargli questo o quest’altro, attaccarli al campanile, bruciargli, a loro, i peli del culo e via dicendo.
I più iracondi arrivavano perfino a auspicare la morte dei responsabili, ma sempre nella forma di un “se ci fosse ancora quello lì, il pelato, gli darebbe il fatto loro…” E poi mimando con gli avambracci la figura di un mitra spianato: “Ta-ta-ta-ta-ta!” (Modo del verbo condizionale, in ogni caso.)
Leggendo i post sull’argomento di alcuni miei contatti su Facebook, mi accorgo che la coniugazione verbale ha però guadagnato nuove forme. Ne cito uno come esempio.

Chi appicca il fuoco è un mafioso, nessuna pietà per questi miserabili, nessuna scusante di tipo familista. Che siano schiacciati come vermi. Ripeto: nessuna scusante del tipo: anche loro hanno famiglia, chiaro?

La persona che ha congedato questo post gode di una certa notorietà, ma l’autorità immaginaria che si attribuisce – che siano schiacciati come vermi! – riguarda anche gli utenti più negletti, come lui intenti a prescrivere invece di augurarsi, ordinando inflessibili sentenze a un fantasmatico stuolo di esecutori zelanti. Con quella clausola minacciosa, a verificare che tutti abbiano inteso: chiaro? 
La scrittura sui social, in altre parole, ci reintegra illusioriamente della rilevanza sociale che da alcuni anni stiamo smarrendo. E così se nella vita vissuta stiamo sotto un velo opaco, le nostre parole risplendono sul web come lame rilucenti di pugnale, con cui incidere le ingiustizie del mondo.
I verbi passano dunque all’indicativo, al congiuntivo, spesso anche all’imperativo, ma va scomparendo il modo condizionale, che testimoniava il nostro essere appunto condizionati da vincoli di potere più grandi di noi, che limitavano la nostra pura e semplice volontà.
Una volontà che ora può invece permettersi di mandare al rogo non solo le povere boscaglie bruciacchiate, ma pure gli artefici del malfatto, il cerino fumante ancora in mano.
Con la differenza che la volontà dei secondi, per quanto oscura, possiede effetti assai concreti sul reale, mentre la nostra diffusa volontà censoria somiglia a un bell’abitino verde da Robin Hood, da indossare al carnevale delle buone intenzioni…

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