mercoledì 4 agosto 2010

Un corpo è un corpo è un corpo, o su come lo sguardo mette alla porta l'altro


Nella savana di Facebook, da qualche tempo mi sono accorto del diffondersi di una nuova specie. Si tratta di un'abitudine, femminile in particolare, che riguarda donne che in molti casi considero e ammiro, e di cui seguo il lavoro quando me ne capita l'occasione. Coinvolge infatti scrittrici, poetesse, intellettuali. Donne dai molti e articolati interessi, ma soprattutto di buone parole.

Qui però invece di parlare, di scrivere come sanno fare - e lo sanno fare bene, appunto - hanno cominciato a mostrarsi, a fotografare i minuti dettagli del loro corpo. C'è come un'ossessione centripeta in questi scatti, un'introversione dello sguardo che seziona il "condominio di carne" di cui sono provvisorie inquiline, per usare una bella espressione di Valerio Magrelli, con una perizia analitica che lascia spesso sorpresi. Ma che non può non indurre a un confronto con narratrici altrettanto grandi del passato.

Emily Dickinson, ad esempio. Immaginarsi Emily Dickinson mentre si fotografa un piede, un ginocchio, la curva del collo o quella leggera di un seno. Eppure anche Emily Dickinson ha trascorso l'intera e reclusa esistenza a studiarsi, ad analizzare il suo corpo minuto e pallido nelle infinite possibilità di senso.

Possibilità, a me sembra dunque questa la parola chiave. E significato.

Emily Dickinson ma anche Sylvia Plath, Elsa Morante, Flannery O'Connor, Cristina Campo, Karen Blixen, Marguerite Duras... Nella prosa femminile delle maggiori artiste del secolo passato, la ricognizione letteraria si dava spesso come tentativo di comprendere le possibilità del corpo; possibilità di sottrarsi al puro dato sensibile, per coniugarsi in una relazione significativa.

Perfino nella furia collettiva e personale di eventi drammatici, Anna Frank non si scorda mai del corpo - del "suo" corpo - e ne scruta le metamorfosi nel particolare. Ma anche qui, il pronome possessivo ha la necessità di essere incorniciato dalle virgolette. E infatti da qualche parte, sotto altri cieli o bombardieri della Luftwaffe, è sempre presente un corpo diverso, il fantasma di un innamorato o semplicemente di un altro, che restituisca al corpo il potere di semiosi.

Eraclito sosteneva che il fulmine governa ogni cosa, ed è come se questa diversa polarità della carne avesse il potere di suscitare la scintilla, originare il flusso del racconto. Se non ci fosse un altro, implicato nella grande letteratura femminile, il corpo resterebbe muto, crogiolo organico ma privo di radianza espressiva. Un enigma geometrico per lo sguardo, il contenitore vuoto ma per saturazione del contenuto, o viceversa.

Enigmaticità intransitiva di cui si caricano invece le fotografie dei corpi su Facebook. Le giovani e brave artiste che espongono qui i loro scatti, sembrano interessate alla ricognizione di un pre-testo fisiologico, una grammatica dei tessuti intesa forse come occulta morfogenesi dell'identità verbale, più che allo sviluppo di una fabula erotica e sensuale. O comunque dedite a una biografia assoluta - ciò che succede quando non succede nulla, o almeno nulla che mi tocchi in ciò che mi è proprio e proprio mio - di cui l'immagine è lo strumento privilegiato, indiscutibile nella sua inesplicabile flagranza.

Il loro corpo è così davvero e finalmente loro. Racchiuso, conchiuso, spesso raffigurato in posizione fetale, o nell'articolarsi di una specularità senza sbocco. Un femminile che prescinde da ogni confronto polare, antropologico, storico e politico. Tanto che ai confini dell'immagine è come se fosse presente un cartello con la dicitura: NON TOCCARE, ACHTUNG, PERICOLO!

Una volta si poteva magari semplificare pensando che l'uomo fosse “storia”, mentre la donna “geografia”. Dall'unione di storia e geografia scoccava la vampa del fulmine, e i carretti colmi di pomodori e zucchine cominciavano a trascorrere lenti e cigolanti sopra ai ponti, qualcuno faceva ciao ciao con un fazzoletto bianco dal finestrino di un treno, o dalla poppavia di un traghetto nello sbuffare nero e pesante del fumo Ora invece rimangono questi corpi inviolabili e condensati, come il riccio quando incontra la volpe. La muta interrogazione delle donne allo specchio della comunicazione globale e istantanea.

Mentre il cielo, là sopra, appare sempre più blu. Temporali all'orizzonte nemmeno l'ombra.


(L'immagine è della fotografa statunitense Francesca Woodman)

1 commento:

  1. http://www.abbraccidiluce.it/index.php?link=64&Upper=1&module=

    RispondiElimina