venerdì 12 febbraio 2010

In difesa del risentimento, una mail


Oggi ho avuto uno scazzo epistolare con un'amica, a proposito del risentimento. Lei mi confidava di non amare un certo scrittore perché troppo risentito. E' vero, quello scrittore è la persona più risentita che io conosca. Eppure io lo continuo a leggere e a seguire; e proprio per via del suo smisurato risentimento. Riflettendoci ancora, mi sono quindi accorto che lo scambio epistolare con la mia amica poteva avere un qualche contenuto generale, perfino civile. Così omettendo il contenuto della sua mail, posto la mia risposta:

“... Anche io credo che F. A. viva di profondi risentimenti. Ma a differenza tua, non ho una percezione unicamente negativa - risentita - del risentimento. Che contemplo nella sua nuda natura di risacca emotiva; un sentire nuovamente le ferite, ri-sentirle. Così a me interessa molto di più l'origine e il profilo della ferita che non le modulazioni del lamento. Perché la carne che duole dentro gli interventi di F. A., secondo me, ossia per come anche io patisco il presente, non è infettata unicamente dal demone narcisistico, ma pungolata da un sentire più generale, che non esisterei a chiamare politico o civile. In altre parole si può essere incazzati perché uno ti ha spruzzato i pantaloni passando con una motoretta dentro una pozzanghera, e da quel giorno forare le gomme a tutte le motorette che incontri. Ma questa è una forma di risentimento incivile. Oppure accorgersi che la strada è piena di buche, dove le motorette, indistintamente, quando sgasano spruzzano. Quindi incazzarsi e pretendere che chi ha lasciato quelle buche nell’asfalto le ricolmi. E questo è un risentimento sano, civile. Il risentimento di F.A. mi sembra dunque appartenere a questa secondo tipologia. Traducendosi in dolore, ma anche in sana e legittima rabbia, nell’assistere alla messa in liquidazione di un'idea di mondo selvaggiamente alternativa al minuscolo presepe borghese, con qualche semplificazione emotiva emblematizzata nel Quarto stato di Pelizza da Volpedo. Estremo simbolo di rivalsa popolare che ha lasciato il posto a una caricatura imbelle della mediazione virtuosa, anche detta "valori democratici". Una pietanza a base di farro, scarpe basse, tappeti multietnici, libricini e canzonette edificanti. O se vogliamo dirlo con una parola sola: veltronismo. Il tutto condito da un buon senso che di buono ha solamente l'aggettivo, mentre lo sforzo del significare è ormai pratica consegnata a creativi, grafici, copy e pubblicitari con la mosca sopra al mento, come il volto maschile che campeggia nei nuovi manifesti del PD. Tutto ciò hanno il coraggio di chiamarlo "sinistra moderna", semplicemente perché, ignorando non solo Marx ma anche Bloch, Benjamin e il messianesimo giudaico alla base della sinistra storica, pensano che la virtù politica corrisponda con il consenso, con il rispecchiamento in una temporalità che non è nemmeno storia ma cronaca. E in effetti, dal loro punto di vista, Gesù ha perso le elezioni con Barabba perché ha sbagliato strategia elettorale ... (Poi uno può anche mangiarsi un bel piattone di zuppa al farro e non pensarci più, oppure risentirsi.)

Ti auguro giorni sereni, ciao

g.”

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