mercoledì 8 ottobre 2025

Il lupo e lo struzzo

Nella piccola città dove vivo, Sondrio, un uomo ha violentato una donna. È successo ieri, e fino a qui la notizia avrebbe potuto essere relegata a una breve di cronaca. Il motivo per cui è stata rilanciata da tutti i media nazionali è che, nel compiere la sua azione già turpe, l’uomo ha staccato a morsi un orecchio alla vittima. Lei ha quarantaquattro anni, lui ventiquattro. Lei è originaria del luogo, lui un immigrato del Mali che risiedeva in un centro di prima accoglienza a Colorina.

Di pancia comprendo le reazioni di chi vota per Vannacci e Salvini, e confesso – sempre di pancia – che la tentazione di condividerle mi è venuta. Ma poi la testa mi ha suggerito la domanda: quante persone del Mali staccano a morsi le orecchie alle donne? Pochi, immagino. Pochissimi se non il solo.

Ma è anche vero che non siamo abituati a notizie del genere, i violentatori nostrani si limitavano a strappare le mutande; che per inciso è un gesto schifoso, come i violentatori a tutte le latitudini. Veniamo al punto: esiste un nesso tra la violenza, letteralmente bestiale, di chi stacca un orecchio a morsi (come non pensare al precedente di Tyson con Holyfield, ma se non altro lì se la vedevano tra energumeni) e la provenienza africana del violentatore?

Io non sono in grado di offrire una risposta, però la statistica può forse essere d’aiuto. Non parlo naturalmente dell’orecchio, un dettaglio splatter che non fa statistica, ma della violenza sessuale nella sua accezione più estesa, su cui disponiamo di qualche dato. Basta valutare la popolazione carceraria italiana per numero e provenienza, e poi confrontarla con lo stesso rapporto fuori dalle carceri. In ciò l’intelligenza artificiale è di grande utilità. Ho posto la domanda a Gemini, che mi ha risposto: gli stranieri rappresentano il 31,6% della popolazione carceraria totale. Stessa domanda per l’incidenza degli stranieri sul suolo nazionale, la quale risulta essere del 9,1%.

Già da ciò ricaviamo che la probabilità che uno straniero commetta un reato generico è tre volte e mezza superiore a quella di un italiano – e per carità, non puntiamo subito l'indice accusatorio, o per opposto arrampichiamoci sullo specchio delle giustificazioni sociologiche. Restiamo ai numeri senza alcun intento di giudizio. Semmai, proviamo ad approfondire ulteriormente il campo da cui siamo partiti. Purtroppo i dati più recenti risalgono al 2022, e ci dicono che il 42,2% dei reati a sfondo sessuale sono compiuti da stranieri. Dunque qui la probabilità sale ancora, divenendo di quattro volte e mezzo maggiore.

Ma si dovrebbe andare ancora più a fondo, dividendo per paesi di provenienza – quanti cinesi, ad esempio, sono stati incriminati per reati a sfondo sessuale? Gemini non lo sa, mi dice solamente che i cinesi non rientrano in una sorta di top ten del crimine sessuale. Eppure, con il 5,2% sul totale degli stranieri presenti in Italia, i cinesi vanno a costituire il quarto gruppo per incidenza. Prima di loro vengono rumeni (20,4%), albanesi (7,9%), marocchini (7,8%) e a seguire ucraini (5,2%, ma, con la guerra, quest’ultimo dato andrebbe probabilmente rivisto al rialzo).

Se dunque i marocchini rappresentano la quota carceraria con maggiori incriminazioni per reati sessuali, e sono solamente terzi sull'insieme della popolazione straniera presente in Italia, ciò significa che la probabilità che un marocchino commetta uno stupro sale ancora, superando di sei o sette volte quella di un italiano, forse anche di dieci. 

Qui però tocca fare un passo indietro e riconoscere che il dato è viziato da diversi fattori, tra cui la diversa distribuzione per genere ed età media degli immigrati (ci sono più maschi e più giovani che tra gli italiani), oltre a godere di tutele legali pressoché inesistenti, che incidono sulla carcerazione preventiva – penso a Ciro Grillo e ai suoi amici della Genova bene: con una condanna in primo grado per stupro, non hanno trascorso un solo giorno in carcere. Sarebbe stato lo stesso se fossero nati a Rabat? Certamente no. Ma volendo anche dimezzare quella percentuale enorme, 1000%, e muovendoci a questo punto a spanne, otterremmo comunque uno scarto statistico significativo. Ci viene confermato dalla comparazione con altri gruppi di immigrati stranieri.

Dove voglio arrivare?

Semplice, al fatto che la mia rozzissima analisi statistica – l’Istat o il Ministero degli Interni potrebbero offrire dati molto più precisi – conferma gli stereotipi in circolazione. Quelli che hanno portato la base popolare, tradizionalmente orientata a sinistra, a votare ora per i partiti di destra. Da persona di sinistra questa migrazione elettorale preoccupa, ma allo stesso tempo fa pensare allo struzzo che mette la testa sotto terra per non vedere. Un'analogia che non riguarda tanto gli elettori, i quali ci vedono benino, non benissimo già che non sono divenuti aquile e piuttosto lupi che si muovono in branco, a essere orbata è la dirigenza della Sinistra parlamentare. Fermo restando che gli immigrati che NON stuprano, NON picchiano, NON rubano, NON delinquono sono di gran lunga la maggioranza, marocchini e maliani compresi

Lo slogan che voleva gli immigrati una risorsa e non un problema si è in ogni caso rivelato falso. L’immigrazione è sia una risorsa sia un problema, e si deve imparare a distinguere. Fateci caso, quando qualcuno sta annegando, perfino un orso come è accaduto nell’agosto di quest’anno South Lake Tahoe, è quasi sempre uno straniero a tuffarsi nel tentativo di salvare il malcapitato. Oppure sono stranieri a difendere uomini e donne che stanno subendo minacce fisiche, e qui il pensiero corre al povero Willy Monteiro Durante, tra cui violenze sessuali. Raro il caso che a rischiare la pelle sia un nostro connazionale.

In altre parole, nel trovarsi coinvolti in fenomeni storici irreversibili e di grande portata come l'immigrazione, il primo passo per cercare di governarli consiste nel riconoscimento: vanno nominati senza alcuna accusa sommaria; ma nemmeno con la virtuosa celebrazione di ogni diversità, "a prescindere" direbbe Totò. Stare ai fatti piuttosto, e cioè di nuovo ai numeri. In tale brutale schiettezza rientra il coraggio di recuperare il concetto di gruppi etnici e non solo di individui, che il pensiero moderno sembrava avere relegato alla polverosa cantina dei secoli scorsi. Un gruppo etnico non è un insieme coerente e determinato, ma, come nella meccanica quantistica, una nuvola di possibilità, più o meno alte. Sia nel bene che nel male.

L’alternativa è sotto gli occhi di tutti: il daghel al negher e daghel anc'al terun, fortunato slogan satirico di Aldo, Giovanni e Giacomo, a sintesi emblematica delle tentazioni destrorse al linciaggio, e la spensierata e garrula rimozione del problema da parte di una Sinistra sempre più attenta ai diritti civili, con cui sta sostituendo le ragioni sociali che l’hanno costituita; tra le quali, oltre al lavoro e al welfare, figura con pieno diritto la sicurezza dei cittadini. Di ciò è immagine plastica e metafora il balletto di Elly Schlein a bordo del carrozzone del Gay Pride. Le note che davano impulso ai fianchi appartenevano a Maracaibo, mare forza nove, andare sì ma dove, zan zan!

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