Mi ricordo di un certo Mostachetti, o Mostacchetti con la c raddoppiata, ora non sono sicuro. Era un mio coetaneo che frequentava il liceo scientifico, portava gli occhiali da vista in celluloide e rideva in un modo che mi piaceva, non ho mai più visto ridere qualcuno con la stessa convinzione. Lo conoscevo poco ma una mattina avevamo bigiato la scuola assieme, erano i primi di giugno e non dovevamo nemmeno falsificare la firma dei genitori sul libretto: bastava bigiare anche i giorni successivi, finché le lezioni non sarebbero terminate per sfinimento. Con Mostachetti, o Mostacchetti, oltre a due comuni amici incontrati al bar dei disertori, eravamo andati alla boschina vicino all’Adda, dove avevamo portato delle lattine di birra Daab e organizzato una gara con i motorini. Sgasavamo a cavallo di un cinquantino prodotto dalla Oscar Motor, una ditta di Rastignano dalle dimensioni quasi casalinghe, il modello si chiamava College e aveva venduto tantissimo in Valtellina, a Milano tutti invece possedevano il Garelli. Di quel giorno ricordo poco altro, il borsone con gli inutili libri nascosto sotto la scala d'accesso al garage condominiale, le acacie fiorite su cui si posavano le api che avrebbero prodotto un miele dolcissimo, un pacchetto di Chesterfield e Mostachetti, o Mostacchetti, alla guida del suo College rosso vermiglio. Continuava a ridere anche nell'affrontare le curve più impervie, quando tutti gli altri avevano l’espressione compresa nello sforzo di primeggiare, lui no, e infatti arrivò ultimo, mi pare. Poi Mostachetti, o Mostacchetti, deve essere andato via da Sondrio, è dalla fine degli anni Ottanta che non incrocio più la sua bocca dischiusa, mentre incorpora ogni cosa in cui si imbatte senza giudizio e pregiudizio, i fanoni della balena traversano gli oceani con la stessa disposizione. E così, nella memoria, continua a essere avvinghiato a quella mattina tiepida, i bambini morti sono sempre giovani e ti sorridono dall'ovale di una lapide in marmo. Riesco perfino ad assegnargli una colonna sonora, Johnny and Mary. Qualcuno aveva portato il walkman azzurro della Sony e ce lo passavamo per ascoltare la canzone di Robert Palmer, adesso tocca a me dicevamo mentre sorseggiavamo le Daab seduti in una radura della boschina, nessuna interrogazione ancora pendente, nessun compito di matematica, solo un’immensa estate che si dischiudeva davanti a noi come la prateria nei film di John Wayne, le ragazze erano i bisonti che la traversavano con uno zainetto Naj Oleari sulle spalle. L'unico era Mostachetti, o Mostacchetti, a non reclamare il suo turno d’ascolto, e rideva felice con il pulsare ipnotico della drum machine interno alla sua testa.

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