martedì 16 settembre 2025

Arte e vita

Qual è la differenza tra vita e letteratura? Ci sono centinaia di saggi accademici che provano a spiegarlo. Ma forse è sufficiente una sola immagine, sta affissa sulla bacheca metallica dei manifesti funebri, si trova a lato del giardinetto dove porto tutti i giorni il cane a fare pipì. Trascrivo ciò che leggo:

"Grazie zio Tato
Le tue mani grandi hanno per noi costruito, ci hanno accarezzati e stretti. Sono segno della tua forza e della tua bontà.
Caterina e Samuele"

Chi non avrebbe voluto avere uno zio così? Questo nella vita cosiddetta vera, almeno. In quella verità rivelata che è la finzione letteraria, zio Tato sembra invece trasformarsi. Le parole dei nipoti smettono di dire ciò dicono; e però continuano a comunicare, esprimono un senso ulteriore che può essere colto solo dall'interpretazione. Ora alludono per simboli, analogie, slittamenti semantici, ogni cosa è sospetta e va interrogata con la lampada puntata sul volto. È ciò che sa fare la letteratura al suo meglio.

E così lo zio Tato si converte o, meglio, si convertirebbe in un molestatore seriale. Gli indizi sono numerosi, a partire dalle mani. Sono grandi come verosimilmente lo è tutto il resto: che mani grandi che hai dice Cappuccetto Rosso al lupo, che orecchie grandi, che occhi grandi... E Cappuccetto Rosso si ferma qui, ma noi abbiamo capito a quale altra parte del corpo Charles Perrault e i fratelli Grimm vogliono arrivare.

E poi le carezze, quando offerte da uno zio sappiamo, per maliziosa consuetudine, di che carezze si tratta. Sono strizzate d'occhio al lettore. Ma Caterina e Samuele, i nipoti dello zio Tato, non sono narratori, e io che sto in piedi davanti alla bacheca un po' commosso e un po' anchilosato, mentre il mio cane sta cercando il punto giusto per il rilascio in un aiuola essiccata, smetto provvisoriamente di essere un frequentatore di romanzi. Sto respirando. Sono vivo.

E così nel soffio vitale Antonio, Salvatore, Gaetano o come diavolo si chiama il defunto, torna a essere lo zio Tato. Un essere umano, non un segno. Anzi un'assenza, manca all'appello del mondo, e domani non rientrerà con una giustificazione firmata dai genitori sul diario. Eppure in tutto ciò si ostina un elemento romanzesco, per farne esperienza anche noi dobbiamo immaginarlo come facciamo quando apriamo le pagine di un libro: con le sue mani grandi, e il cuore buono.

1 commento:

  1. Ammetto che anch’io leggendo l’epigrafe ho avuto subito quel pensiero collaterale.
    massimolegnani

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