Le immagini del rave israeliano interrotto dai
terroristi di Hamas, aquile piombate dall'alto su un gregge inerme di agnelli,
stanno a questa generazione come il crollo delle Torri Gemelle sta alla
generazione precedente: il segno icastico di un tempo storico che riassume
senza bisogno di parole, il suo semplice mostrarsi le supera in eloquenza.
Anche lo scontro tra polizia e manifestanti, avvenuto
il primo marzo del 1968 a Valle Giulia, trovò sintesi per figure. Tra i tanti scatti fotografici che lo ritraggono, quello di un giovane (ma già enorme)
Giuliano Ferrara mentre fugge dalle cariche degli altrettanto giovani
poliziotti della Celere, che in buona parte provenivano da un Meridione ancora
arcaico e sottosviluppato.
Proprio su tale aspetto sociologico – borghesi contro
sottoproletari – si focalizzò Pier Paolo Pasolini scrivendone sulle colonne del
Corriere della Sera; non fu il consueto editoriale di affilata analisi, ma una poesia
giustamente passata alla Storia. In uno dei versi iniziali possiamo leggere:
"Avete facce di figli di papà. / Buona razza non mente. / Avete lo stesso
occhio cattivo. /Siete paurosi, incerti, disperati / (benissimo) ma sapete
anche come essere / prepotenti, ricattatori e sicuri..."
Ho così provato a ricercare su YouTube il video che
riprende la mattanza al rave party; l'idea era di confrontare le due scene,
verificare se esistessero delle analogie. La sequenza si riduce a un paio di
minuti: è giorno, è mattino, qualche intruglio di vodka e caffeina sorregge le
gambe che non smettono di ballare dalla sera avanti; la musica realizza alla
perfezione il suo scopo di induttore estatico, scuote il corpo e depensa la
mente. Benvenuto Dioniso!
Chi filma si accorge di qualcosa di strano, piccoli
puntini in un cielo pallido, che siano UFO... avrà pensato osservando i deltaplani a cui stanno avvinghiati i tagliagole, e su di essi indugia. Quindi uno
stacco a cui segue il fuggi fuggi generale, le grida e gli spari. Facciamo
appena a tempo a intravedere una ragazza correre davanti all'obiettivo.
Eppure, in tutti i servizi è la sua immagine che viene
riprodotta, congelandone la falcata come nel fotofinish di una gara di
atletica. Le gambe sono lunghe e snelle, sgusciano da shorts color panna
sormontati da un corpetto di pelle nero che lascia il ventre scoperto, un
indumento dalla forma imprecisata svolazza sulle spalle; forse è un foulard
rosso, come quello che ricopre l'uomo anziano con la barba sulla Zattera
della Medusa; o forse, semplicemente, si tratta di un giubbino corto, alla
moda.
La stessa scena di Valle Giulia, sì. Uguale uguale. I
figli del popolo che inseguono i figli di papà, se non fosse una tragedia lo
diremmo un gioco, guardie e ladri. Ma dov'è la prepotenza ricattatoria, l'occhio
cattivo di cui parla Pasolini? In quelli, leggermente bistrati, della ragazza,
si intravede solo paura, sorpresa, istinto di sopravvivenza.
È la forza dei simboli: scardinano i nessi logici,
mandano in cortocircuito la pigrizia del si dice, si fa, si manifesta in corteo per una parte giusta per definizione; poco importa che ci si annodi al collo la kefiah o si sventoli una bandierina con l'effige della stella a sei punte. È vero, le
politiche del governo israeliano sono state negli ultimi decenni violente e
prevaricatrici. È vero, la sofferenza prolungata produce gesti ottusi e
controproducenti, nel caso attuale crimini. È vero, l'Iran (o altri burattinai
nell'ombra) hanno colpevolmente soffiato su questa brace, fino a farla divampare.
Ma nella ragazza senza nome del filmato, la ragazza
bionda (i capelli sono raccolti in uno chignon che la rende più simile a un'étoile
che a una baccante), tutto ciò equivale alla temperatura di Potenza nei
bollettini radiofonici degli anni Settanta, per definizione non pervenuta.
Mentre ciò che perviene è il grado zero dell'umano, in cui si passa da un'alba
chiassosa e spensierata tra le dune del deserto, alba perfino kitsch, se è lecito accostare con delicatezza l'aggettivo a una vita senza altro intento che
viversi, si trapassa all'oscurità senza transitare da enti di ragione.
Ed è in questa transizione irragionevole della luce
che la ragazza si offre quale stemma tragico del nostro tempo.
Il trapasso all'oscurità universale forzato da chi nell'oscurità convive da anni, tra cunicoli e mancanze. Mettersi al tavolo per una Palestina ufficiale, prima mossa per delegittimare Hamas, disinnescarla forse no, ma farle perdere un minimo di credibilità. Ammesso ne goda.
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