lunedì 9 ottobre 2023

Lo stemma

Le immagini del rave israeliano interrotto dai terroristi di Hamas, aquile piombate dall'alto su un gregge inerme di agnelli, stanno a questa generazione come il crollo delle Torri Gemelle sta alla generazione precedente: il segno icastico di un tempo storico che riassume senza bisogno di parole, il suo semplice mostrarsi le supera in eloquenza.

Anche lo scontro tra polizia e manifestanti, avvenuto il primo marzo del 1968 a Valle Giulia, trovò sintesi per figure. Tra i tanti scatti fotografici che lo ritraggono, quello di un giovane (ma già enorme) Giuliano Ferrara mentre fugge dalle cariche degli altrettanto giovani poliziotti della Celere, che in buona parte provenivano da un Meridione ancora arcaico e sottosviluppato.

Proprio su tale aspetto sociologico – borghesi contro sottoproletari – si focalizzò Pier Paolo Pasolini scrivendone sulle colonne del Corriere della Sera; non fu il consueto editoriale di affilata analisi, ma una poesia giustamente passata alla Storia. In uno dei versi iniziali possiamo leggere: "Avete facce di figli di papà. / Buona razza non mente. / Avete lo stesso occhio cattivo. /Siete paurosi, incerti, disperati / (benissimo) ma sapete anche come essere / prepotenti, ricattatori e sicuri..."

Ho così provato a ricercare su YouTube il video che riprende la mattanza al rave party; l'idea era di confrontare le due scene, verificare se esistessero delle analogie. La sequenza si riduce a un paio di minuti: è giorno, è mattino, qualche intruglio di vodka e caffeina sorregge le gambe che non smettono di ballare dalla sera avanti; la musica realizza alla perfezione il suo scopo di induttore estatico, scuote il corpo e depensa la mente. Benvenuto Dioniso!

Chi filma si accorge di qualcosa di strano, piccoli puntini in un cielo pallido, che siano UFO... avrà pensato osservando i deltaplani a cui stanno avvinghiati i tagliagole, e su di essi indugia. Quindi uno stacco a cui segue il fuggi fuggi generale, le grida e gli spari. Facciamo appena a tempo a intravedere una ragazza correre davanti all'obiettivo.

Eppure, in tutti i servizi è la sua immagine che viene riprodotta, congelandone la falcata come nel fotofinish di una gara di atletica. Le gambe sono lunghe e snelle, sgusciano da shorts color panna sormontati da un corpetto di pelle nero che lascia il ventre scoperto, un indumento dalla forma imprecisata svolazza sulle spalle; forse è un foulard rosso, come quello che ricopre l'uomo anziano con la barba sulla Zattera della Medusa; o forse, semplicemente, si tratta di un giubbino corto, alla moda.

La stessa scena di Valle Giulia, sì. Uguale uguale. I figli del popolo che inseguono i figli di papà, se non fosse una tragedia lo diremmo un gioco, guardie e ladri. Ma dov'è la prepotenza ricattatoria, l'occhio cattivo di cui parla Pasolini? In quelli, leggermente bistrati, della ragazza, si intravede solo paura, sorpresa, istinto di sopravvivenza.

È la forza dei simboli: scardinano i nessi logici, mandano in cortocircuito la pigrizia del si dice, si fa, si manifesta in corteo per una parte giusta per definizione; poco importa che ci si annodi al collo la kefiah o si sventoli una bandierina con l'effige della stella a sei punte. È vero, le politiche del governo israeliano sono state negli ultimi decenni violente e prevaricatrici. È vero, la sofferenza prolungata produce gesti ottusi e controproducenti, nel caso attuale crimini. È vero, l'Iran (o altri burattinai nell'ombra) hanno colpevolmente soffiato su questa brace, fino a farla divampare.

Ma nella ragazza senza nome del filmato, la ragazza bionda (i capelli sono raccolti in uno chignon che la rende più simile a un'étoile che a una baccante), tutto ciò equivale alla temperatura di Potenza nei bollettini radiofonici degli anni Settanta, per definizione non pervenuta. Mentre ciò che perviene è il grado zero dell'umano, in cui si passa da un'alba chiassosa e spensierata tra le dune del deserto, alba perfino kitsch, se è lecito accostare con delicatezza l'aggettivo a una vita senza altro intento che viversi, si trapassa all'oscurità senza transitare da enti di ragione.

Ed è in questa transizione irragionevole della luce che la ragazza si offre quale stemma tragico del nostro tempo.

1 commento:

  1. Il trapasso all'oscurità universale forzato da chi nell'oscurità convive da anni, tra cunicoli e mancanze. Mettersi al tavolo per una Palestina ufficiale, prima mossa per delegittimare Hamas, disinnescarla forse no, ma farle perdere un minimo di credibilità. Ammesso ne goda.

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