martedì 24 ottobre 2023

Mario e Giocasta, o sulla virtualizzazione del conflitto di classe

Mi piacciono gli interventi sui social dove le persone assegnano un nome ai figli che non hanno, sceneggiando il film delle loro vite potenziali. Capita di farlo anche a me, per quanto, di norma, non ne condivida la rêverie.

Ho appena letto un post su Facebook dove il nome prescelto era Giocasta, o in alternativa Genevieve, Geraldine, Giuditta... Chi l'ha scritto, una giovane donna che pubblica spesso dei selfie intenta in esercizi ginnici in palestra (sono premiati da una salva di like maschili), era ancora un po' indecisa. Comunque iniziava con la G.

La immaginava prendere un aereo per Berlino, un giorno qui e l'altro là; in fondo a cosa servono i figli se non a portare a compimento i propri sogni, limitati dal suo lavoro di assistente alla poltrona. Due ore di volo scarse, si possono impiegare per leggere Ovidio, darsi lo smalto alle unghie, scrivere un post sulle figlie immaginarie; nel caso diventerebbe la nipote dell'autrice del primo post. La famiglia si allarga.

Ma per mostrare il fiocco rosa bisogna attendere l'atterraggio al Flughafen Brandenburg Willy Brandt; già al check-out si respira quell'aria internazionale che in Italia solo Milano finge di avere. E infatti è un surrogato, un succedaneo, come le uova di lompo per il caviale. Via via, si deve volare via!

Pochi giorni dopo si riparte allora per Londra, Barcellona, Istanbul, New York. Ecco la piccola Giocasta, ormai cresciuta e naturalmente bellissima, spiccare tra gli imbucati di un vernissage al Greenwich Village. In mano tiene una coppa Martini contenente l'omonimo cocktail; al posto del gin ha però richiesto la vodka, e niente olivetta. "I hate olives", aggiunge.

A un certo punto qualcuno le domanda: "What job do you do?", come fa Nanni Moretti in una celebre sequenza di Ecce Bombo

"Mi interesso di molte cose" risponde la ragazza nel film, stanno entrambi seduti su un prato. "Cinema, teatro, fotografia, musica, leggo..."

"Sì, ma concretamente" la incalza Moretti.

"Beh, faccio cose, vedo gente..."

"E l'affitto?"

"Vivo con mio fratello."

"E i soldi per le sigarette, money for cigarettes?"

L'uomo del vernissage, un tizio tarchiato con la montatura degli occhiali camouflage e una giacca di pelle troppo stretta, indica il pacchetto di Lucky Strike che la ragazza tiene nell'altra mano. "Who paid for those?"

Giocasta sorride, come sono materialisti gli americani. Quasi quasi domani prendo un altro aereo e volo a Rio, pensa, oppure a Buenos Aires. Tango o bossa nova? Ha tutta la notte per pensarci, intanto posa su un tavolino di vetro il Vodkatiny, sfila dal pacchetto una sigaretta e se la infila in slow motion tra le labbra carnose.

Ma che succede?! La fiamma dell'accendino si propaga alla pellicola dell'immaginazione, non riesco a vedere più niente.

Mi fermo dunque qui, la risposta di Giocasta ora soffia nel vento, blowing in the wind, ognuno scelga le parole che più gli risuonano; basta pronunciarle con l'accento di Heather Parsi, sostituendole a cicale cicale.

Quanto alla figlia che neppure io ho mai avuto, vediamo... potrebbe chiamarsi Maria, lo stesso nome di entrambe le mie nonne. E nel caso fosse un maschietto, con la sola sostituzione dell'ultima vocale diventerebbe Mario, come il Mario della canzone di Jannacci. Posso vederlo mentre attende il suo turno a un concorso pubblico per bidelli: duemilaottocentosettantuno pretendenti per tre posti alle scuole medie Pietro Vanni di Viterbo.

Speriamo bene, Mario...

(PS - Questo testo potrebbe essere anche ispirato a persone e fatti realmente accaduti, come si dice. Ma non parla di persone e fatti realmente accaduti. È semplicemente un racconto, per quanto verosimile. Il suo riferimento è all'irrealtà, sempre più diffusa, attraverso cui gli individui si riflettono sullo schermo dei social, ottenendo l'immagine di ritorno che loro stessi vi hanno proiettato. I nuovi ricchi coincidono così con il sogno dei poveri, i quali distillano un'idea astratta e platonica di ricchezza. Fino a credervi. Le scorie del sogno collettivo sono rappresentate dai Mari e dalle Marie in carne e ossa, in trepidante attesa dell'esito dei loro concorsi pubblici.)

2 commenti:

  1. straordinario!
    da un post vanesio su facebook hai preso spunto per una galoppata della fantasia a briglie sciolte, senza mai perdere il controllo del cavallo. splendido quell'inserire Nanni Moretti nel dialogo frou-frou a riportarlo alla concretezza dei problemi spiccioli.
    intrigante la contrapposizione di tuo "figlio" Mario che vola basso al vaneggiare inconcludente di Giocasta.
    Post farneticante come piace a me, chapeau
    massimolegnani

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