venerdì 29 settembre 2023

Una pesca è una pesca è una pesca

Strana coincidenza, tre persone, dopo un lungo silenzio social, mi hanno contattato su Messanger per invitarmi a dire la mia sullo spot dell'Esselunga. Non che mi scriva molta gente su Messanger, anzi quasi nessuno. Questi messaggi sono dunque una macroscopica deviazione standard dal sentiero statistico che conduce al nulla.

Peccato che sullo spot io non abbia molto da dire, se non le solite banalità. Mi sembra ben fatto, narrativamente parlando, grazie alla sottoesposizione di un sentimento che trova il suo perfetto correlativo simbolico nel finale, coinvolgendo lo spettatore in modo un po' ruffiano – ma è pur sempre pubblicità, non un cortometraggio di Ken Loach o Mike Leigh sul disagio familiare della middle class.

Qualche dubbio sul fatto che sia andato a segno anche nel suo specifico intento commerciale; a volte comunicazioni riuscite nascondono un'insidia, la freccia ha colpito ma un diverso bersaglio: quanto più è vischiosa la presa sul pubblico, quanto meno ricordiamo il prodotto a cui sono associate. Perciò gli addetti ai lavori gli danno il nome di Dracula.

Un esempio è quello dell'uomo che, sentendo la vicina di casa litigare al telefono col fidanzato – "Sai che faccio" grida lei, "vado a letto con il primo che capita!" –, si precipita alla sua porta. Suona il campanello. E quando apre dice solamente: "Buonasseeeera..." Tutti, a distanza di anni, si ricordano del buonasseeeera, ma non di cosa cercava di venderci. Gli ha succhiato il sangue. 

Se non dell'Esselunga, ci ricorderemo in ogni caso anche della bambina dolente e taciturna – in un epoca in cui la comunicazione pubblicitaria ha su di noi l'effetto dei cicchettini di veleno che si beveva Mitridate, può già ritenersi un successo. Ma ci ricorderemo di quella bambina lì, una soltanto, che non sta a rappresentare tutti i bambini del mondo, e della sua pesca donata al padre fingendo che l'iniziativa provenga dalla madre, da cui si intuisce essere separato: "Questa te la manda la mamma."

Non attribuisco insomma alla pubblicità natura di exemplum (obiezione dei detrattori ma pure di molti sostenitori della famiglia tradizionale), e più in generale alle storie che, quando gestite da mani sapienti, rifuggono la genericità per concentrarsi sul particolare espressivo. Il resto è sociologia e cioè nuovamente statistica, non racconto.

La domanda giusta da farsi mi sembra così diventare: esistono bambini tristi per la separazione dei genitori? Sì, esistono, non facciamo gli ipocriti. Come ne esistono altri che gongolano per le doppie feste di compleanno, i doppi Natali, i nuovi compagni dei genitori che li blandiscono per ottenere il placet. Un bambino una storia, molti bambini molte storie. Tra cui quella del bambino che sono stato, è lui ad avere provato la sensazione del gesso che stride al contatto della lavagna nella visione dello spot dell'Esselunga.

A sei o sette anni quel bambino, Guido, era andato a fare una gita in montagna con i genitori. Accadeva quasi tutte le domeniche; il padre, forse perché in debito di veri interessi o passioni, aveva la fissa di raggiungere a piedi laghetti alpini, rifugi, testa bassa e camminare.

Guido avrebbe preferito restare a casa a giocare a Lego con l'amico Pierantonio, ma non era questo il motivo per cui trascinava i piedi, restava indietro. "Dai sbrigati!" gli urla il padre, ma lui continua ad arrancare. La madre si avvicina e gli tocca la fronte. "Il bambino scotta" dice. Il padre continua a camminare. "Il bambino scotta, ha la febbre" ripete la madre. 

Senza dire una parola (non lo farà per tutto il viaggio in auto, una Fiat 128 Rally rossa, un colore e un’auto a lui così poco confacenti) il padre si gira, torna indietro, tornano a casa. Domenica rovinata per colpa del figlio. Ma la casa è quella dei nonni, dove il bambino rimarrà ospite alcuni giorni a lasciare sfogare l'influenza.

Quando finalmente sfebbrato – nel frattempo il padre non è mai venuto a fargli visita – la mamma gli porta una coppetta di gelato, una volta si diceva che per il mal di gola facesse miracoli. "Questa te la manda il papà" aggiunge nel porgerla, proprio come nella pubblicità dell'Esselunga. Il gusto è variegato all'amarena con due frutti glassati sulla sommità e la meringa sul fondo. Il suo gelato preferito.

Guido si solleva nel letto, prende il gelato, la sensazione è la stessa di quando stringe la mano di un prete, e poi lo scaglia lontano. "Non è vero che me lo manda il papà, se no veniva lui a portarmelo!"

Dopo dodici anni, quando frequentavo il primo anno di università, i miei genitori finalmente si separarono. Se si fossero separati il giorno della passeggiata in montagna sarebbero stati dodici anni guadagnati per tutti, e non avrei inviato pesche all'indirizzo di nessuno. Io con i miei Lego, mio padre, passo lesto e mente sgombra, tra le sue amate montagne, e mia madre a scambiarsi pettegolezzi con una delle sue infinite cugine.

Ma questa è solo la mia storia, dubito ci faranno una pubblicità, magari di una marca di gelato. Non la storia di tutti i bambini figli di genitori separabili.

2 commenti:

  1. Quasi mi pento di averti sollecitato.. ma in mano a te diventa tutto letteratura, un narrato che si rigenera e che rigenera.. ;)

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