giovedì 12 ottobre 2023

Letteratura e piadina romagnola, o sul dilagare del midcult

"La letteratura è il luogo in cui viene detto ciò che di solito la gente non dice: perché è inopportuno, o spaventoso, perché rischierebbe di esser giudicata. La letteratura dà voce all’illecito, all’inconcepibile – o non è."

Leggo le parole del virgolettato sul supplemento di uno dei maggiori quotidiani nazionali. Le ha scritte, quale incipit del suo intervento, Rosella Postorino, indicata per favorita all'ultima edizione del Premio Strega, poi perso per un soffio. Accidenti, penso proseguendo nella lettura, questa è una che non le manda a dire: chiama pane il pane e vino il vino!

Eppure, quasi per capriccio, mi viene l'idea di collaudare il suo pensiero; un buon modo consiste nel sostituire l'oggetto, per poi vedere, seguendo l'esempio di Jannacci, di nascosto l'effetto che fa. Invece della letteratura potrebbe diventare, che so... la piadina romagnola. Vediamo come diventerebbe a questo modo la frase.

La piadina romagnola è il luogo in cui viene detto ciò che di solito la gente non dice: perché è inopportuno, o spaventoso, perché rischierebbe di esser giudicata. La piadina romagnola dà voce all’illecito, all’inconcepibile – o non è.

Ha senso la nuova versione?

A me pare proprio di sì. La gente infatti di norma non dice, perché non conosce, l'esatta proporzione di farina 00, strutto, acqua tiepida, sale fino e bicarbonato per produrre l'impasto della piadina. E tace anche sull'inconcepibile (fosse per me, sarebbe anche illecito) degli allevamenti dove i maiali vengono tenuti in minuscole gabbie; per non dire della barbarie con cui i contadini li appendono, ancora vivi, a un gancio; quindi gli tagliano la giugulare lasciandoli dissanguare strillando – io da bambino li ho uditi, ed erano proprio strilli e non grugniti. Infine eccolo: il prosciutto di Parma, con cui farcire la piadina romagnola.

Oppure l'oggetto potrebbe diventare la stenografia. Chi ne parla più di stenografia? Nominandola si rischierebbe di essere giudicati quantomeno eccentrici; di certo inopportuni a un party mondano, od ospiti a un talk show televisivo. In tal caso l'illecito coinciderebbe con la fuoriuscita da quel regime discorsivo che Heidegger sintetizza nell'espressione "si dice".

Tra tutte le possibili versioni della frase da cui siamo partiti  non c'è che l'imbarazzo della scelta , la più strampalata mi sembra così proprio l'originale. Non c'è infatti giorno in cui uno scrittore, specie italiano, non si sporga su uno spazio collettivo per spiegare cosa la letteratura è e soprattutto non è, restituendo una definizione perlopiù veritiera: è vero, la letteratura, molto spesso, riversa sulla pagina ciò che di norma viene spazzato sotto al tappeto.

Problema risolto dunque, con una formula operativa, una ricetta, come per la piadina, a cui basta attenersi? 

Purtroppo no. La letteratura è un piatto che va reinventato ogni volta, essendo questo e quello, regola ed eccezione. Si ricava ad esempio che Tre uomini in barca, capolavoro di arguzia e umorismo scritto nel 1889 da Jerome K. Jerome, per l'autrice del testo pubblicato, ripeto, sul supplemento di uno tra i più importanti quotidiani nazionali (lo stesso su cui Pasolini firmava i suoi corsivi negli anni Settanta), per lei non sarebbe letteratura, in quanto non viene data voce all'illecito e all'inconcepibile. Oppure, per la medesima ragione, vanno espunti dal perimetro della "vera" arte narrativa tutti quei romanzi che da una grigia quotidianità sanno trarre un'epica sommessa, come Stoner di John Williams.

Intendiamoci, è una tentazione che prima o poi viene a tutti, è venuta pure a me: infilzare con uno spillone un concetto su cui l'umanità si dibatte da anni; stilando elenchi, precetti, liste di proscrizione. Da cui ciò che infine lumeggia, più che la sagoma del bambolotto voodoo, il suo esatto perimetro che si vuole colpire e definitivamente affondare, è quella dell'intelligenza di chi scrive, o perlomeno la sua caricatura nella forma del midcult – secondo Dwight Macdonald, che ne coniò il termine, corrisponde all'emulazione semplificata di un modello alto.

Un esempio di midcult? Basta leggere come procede il testo citato:

"Gli scrittori scendono all’inferno al posto degli altri esseri umani, e trovano una forma per raccontarlo. C’è la sopravvivenza in gioco, a ogni libro, e se a qualcuno pare enfatico è perché di letteratura sa poco."

Ora, per piacere, scrittrici e scrittori, scrivete libri (possibilmente buoni) e scrivete anche sui supplementi dei quotidiani, almeno se vi pagano – si deve pur campare. Ma nel secondo caso: scrivete di piadina romagnola, stenografia, aquiloni, effetto del global warming sugli igloo del popolo inuit. Scrivete di quello che vi pare. Non però di letteratura e di inferni, sopravvivenza in gioco e altre simili sciocchezze, stigmatizzando in via anticipata il dissenso quale forma di ignoranza (chi non è d’accordo con me di letteratura sa poco).

Di letteratura lasciate piuttosto scrivere ai critici, ne sono rimasti pochi in circolazione – anche perché tutto lo spazio scrivibile viene offerto agli scrittori, come i cuochi si sono presi sia i fornelli sia il giudizio sulle pietanze – ma rimane il loro lavoro e non il  vostro, la vostra tazza di tè. Afferrandola con mani troppo sicure rischiate di sbrodolarvi addosso la preziosa bevanda, muovendo al riso il lettore. Che non è esattamente quella discesa agli inferi per la sopravvivenza che Postorino offre quale eucarestia: prendete e leggetemi tutti, questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi.


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