domenica 15 ottobre 2023

Occhio per occhio dente per dente

Massimo Diana, psicoanalista junghiano dagli ampi e approfonditi studi anche in campo religioso, sostiene che la legge del taglione è in realtà molto meno cruenta di come appare, e addirittura possiede un'importante funzione civile condensata nel motto occhio per occhio dente per dente.

C'è un'attualità inquietante in questa temibile formula, la sua prima apparizione la ritroviamo nel Codice di Hammurabi e quindi nella Bibbia ebraica, capitolo XXI di Esodo. Ma perché, nella sua proporzionalità bestiale, andrebbe rivalutata, utilizzandola come meditazione laica in questa domenica di guerra, anzi di guerre? (Non scordiamoci di quella in Ucraina, e dei molti focolai africani).

Secondo Massimo Diana, la radice psichica della specie a cui, con poco orgoglio, apparteniamo non è cambiata molto nei secoli; il cervello limbico sintetizza emozioni simili a quelle provate dagli eroi omerici che si contendevano una donna davanti alle alte mura di Troia, dietro alle lucenti corazze il cuore indurito nello sforzo di prevalere, sopraffare il nemico. Perciò, per ogni dente caduto in battaglia, non ci si accontentava del molare di chi aveva procurato il danno: come minimo tutti i suoi denti, trentadue, e due occhi se ne avevi perso uno dovendolo ricoprire al modo di Olivier Levasseu, pirata che lanciò la moda della fettuccina nera tra i bambini a Carnevale, e di Moshe Dayan, il generale al comando delle forze israeliane durante la guerra dei sei giorni e poi in quella del Kippur.

Alla matematica incrementale dell'odio la legge del taglione prova a mettere un limite: va bene, prenditi pure ciò che ti spetta, oltre ai grappoli succosi della vigna e i bei caprioli nei boschi, il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe deve avere creato anche il sentimento tormentoso della vendetta, a cui è lecito (non obbligatorio) corrispondere. Ma che il dente sia uno, se un dente è stato cavato; fatto salvo i poveri dentisti che già allora erano esonerati dal computo. E in fondo anche Cristo invita a porgere l'altra guancia, non l'altro occhio.

Ma il guerriero acheo che ancora fa tana dentro di noi non si accontenta, la sua rabbia, la sua passione liberata da ogni altra legge reclama centinaia di occhi, migliaia di denti. Una storia che tristemente si ripete: per ogni tedesco morto dieci italiani, a qualcuno stanno fischiando le orecchie? Storia ma anche cronaca, basta sintonizzarsi su un telegiornale a caso e ascoltare le reazioni agli attentati contro il popolo del Libro: vittima certamente, nessuno sconto ai responsabili di un'azione tanto vile e sciagurataà la guerre comme à la guerre. Perciò ha diritto alla sua vendetta proporzionale, che, eufemisticamente, ci ostiniamo a chiamare giustizia.

I denti con cui i terroristi di Hamas azzannano un panino raffermo dopo la mattanza, gli occhi spalancati come finestre sui gerani rossi del sangue dei propri crimini, contemplati con il compiacimento della vecchina che li annaffia ogni giorno, a renderli doppiamente colpevoli, quegli occhi e quei denti appartengono a Israele, sarebbe ipocrita prima ancora che ingenuo negarlo. Ma non uno di più, occhio per occhio dente per dente. Mentre nella striscia di Gaza siamo già a oltre duemila morti, perlopiù civili: donne, vecchi, bambini. Che, in occhi, fanno quattromila, sessantaquattromila denti. Per buona parte innocenti.

Come possedevano occhi e denti innocenti i bambini israeliani decapitati nei kibbutz, o i ragazzi falciati durante le danze al rave party nel deserto. Solo che quella che, altrettanto eufemisticamente, viene chiamata ritorsione, ha già raddoppiato il numero del suo tragico compenso in vite umane, e verosimilmente non si arresterà fino a quando il moltiplicatore di potenza non raggiungerà quei rapporti altamente squilibrati paventati dalla Bibbia, a cui la legge del taglione prova a dire basta, stop, fermi tutti – finiamola qui!

Se ne ricava che, oltre a essere criminale, la scomposta azione militare di Israele è anche blasfema.

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