giovedì 13 aprile 2023

Un preghiera sbagliata

L’inconscio collettivo, chi almeno una volta non si è lasciato sfuggire l’espressione alzi la mano. Un concetto che ci fa sentire più alti di qualche centimetro nel pronunciarlo, come Giorgio Gaber quando legge Hegel e si concentra ed è tutto preso; “non per Hegel naturalmente, ma per mio fascino da studioso”.

Eppure mi sto convincendo che oltre a questo benedetto inconscio collettivo – ci sarà… non ci sarà… decidete voi – esiste un inconscio domestico che ci costruiamo da bambini come un castello davanti al mare, ma nessuna successiva ondata riesce a spazzarlo via – occhio dunque a scrivere t'amo sulla sabbia, perché, contrariamente alla canzone, poi resta.

Morale di un post che mi sta scappando di mano, la consapevolezza di un numero limitato di metafore elementari (se non proprio sciocche) che mi porto appresso da quando ne ho memoria, mi induce a diffidare dei cosiddetti percorsi spirituali, dove si mescola Buddha a Ganesh con un pizzico di teosofia.

Per carità, ci sono dei pensieri vertiginosi in quei racconti, sogni, segni, tracce che sarebbe bello provare a seguire, frutto della disposizione alla visione e all’ascolto di uomini e donne come me; forse anche più di me, per quanto non sia una gara.

Ma non sono i miei sogni, le mie tracce, fatico a percepirne la collocazione. Staranno pure nell’inconscio collettivo, sempre lui, ma non nel mio inconscio domestico, che conosce solo una stella non necessariamente polare; era infatti il lucore del televisore in cui guardavo Carosello prima di andare a letto.

Le immagini che nel tempo della sabbia e dei castelli ho associato al sacro sono dunque altre. Gesù bambino, non posso che cominciare da lui, se fosse un film sarebbe il primo attore in cartellone. È sdraiato sulla paglia della mangiatoia, la statuetta mi era stata acquistata dalla nonna nel reparto giocattoli della Standa; da lì l'associazione tra religione e gioco. L'incarnato è di un bel rosa pallido, con il proto pannolone bianco a coprire i genitali, la cui mostra è sconveniente nel figlio di Dio – avrà il cazzo più grande o più piccolo del celebre genitore... Guai a domandarlo a don Gino, il prete dell'oratorio con la passione di Giuseppe Verdi.

Per il Padre ci si deve così attenere alla barba lunga e alla stipsi; diversamente non si comprende quell'espressione sempre un po' incazzata, e sì che basterebbe una pastiglia Falqui per recuperare il sorriso. Ma soprattutto l'angelo custode, a cui prima di addormentarmi chiedevo di tenermi tra le sue mani, angelo mio tienimi stretto stretto fino a domani.

Solo anni dopo ho scoperto di avere sbagliato il testo della preghiera, ma ormai la frittata era fatta ed era l’angelo custode, non il caro Gesù invocato da tutti gli altri bambini, a vegliare le mie notti, ci fosse mai stato qualcosa di prezioso da rubare.

Magari adesso dovrei lavorarci un po' sopra, so però che devo ripartire da un fanciullo con le ali, è tanto che non lo frequento ma so che ancora si nasconde da qualche parte. E quale migliore nascondiglio per gli occhiali che la punta del naso, stare in superficie per non essere visti, dentro quando ti cercano fuori. D'altronde gli altri cosa se ne potrebbero fare, e il fatto che sia frutto di un errore non rappresenta un limite ma una sorta di marchio di fabbrica, di brand che non sono disposto a cedere.

Non mi sfugge la natura di paradosso, ma è all'esserino partorito da una immaginazione ingenua che devo guardare se voglio poi dare una sbirciatina a quel che, invece, sono io ad appartenere, è tanto più grande di me come lo era il direttore della Standa.

Anche lui, il direttore intendo, in quell’epoca remota in cui le auto si chiamavano con nomi di ragazza, aveva un barbone scuro e la stipsi. E il timore che ogni volta mi avrebbe chiesto lo scontrino prima di uscire dalla Standa, rovisto nelle tasche e non lo trovo, giuro che l’avevo messo qui, diglielo anche tu nonna, la nonna è sparita, cerca meglio ragazzino… Alla fine il direttore mi mette al collo un cartello con la scritta: LADRO!

Perciò ho acquistato le statuette del presepe una alla volta. Pensavo che tante statuette corrispondessero a tanti scontrini diversi, più facili da smarrire, con l’unica eccezione dei tre magi: Gasparre, lo stesso nome del mio veterinario, e poi Melchiorre e Baldassarre. Mi sembrava di fargli un torto nel separarli.

 

1 commento:

  1. Cioè ti sei rubato tutto un presepe alla Standa, compreso angioletto e Gesù? Oppure acquistavi sperando di perdere lo scontrino ed essere beccato dal Direttore verso il quale immagino tu nutrissi un'attrazione omo non indifferente derivante da quel suo apparire un po' Dio e un po' Verdi.. come piaceva a Don Gino che chissà cosa aveva sotto la tonaca??

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