domenica 9 aprile 2023

Me lo merito Alberto Sordi!


Tre giorni fa ho scritto un post in cui confessavo il distacco della retina dell'occhio sinistro; evento purtroppo diffuso, mica sono stato bravo a farmelo venire. Bilancio: 101 tra like e cuoricini, quanti i dalmata dell'omonimo cartoon della Disney.

Ieri ho scritto un intervento più articolato, sempre su Facebook. Partendo dall'episodio della maestra che imponeva la preghiera a scuola, provavo a ragionare sul complesso rapporto tra interpretazione ed espressione, da cui l'insegnamento quale versante pubblico e civile di tale nesso. Bilancio: 11 like, una squadretta di calcio senza riserve.

Non mi sto lamentando, attenzione! Va benissimo così. Ma immagino che sia un’esperienza diffusa sui social: se scriviamo da core a core, come nella celebre canzone, o ancora meglio da pancia a pancia otteniamo consenso, partecipazione manifesta. L’unità di misura è ovviamente costituita dagli emoticon di gradimento. Il cui paniere rimane semivuoto se, invece, la testa cerca il dialogo con altre teste.

Quando ci stupiamo per il successo dei partiti politici che chiamiamo populisti (ma chi li voterà ci chiediamo? Non di certo noi che ascoltiamo Radio3 e leggiamo Bolano) dovremmo provare a risponderci a partire dalla nostra esperienza, il nostro modo di entrare in una semplice relazione all’interno di una comunità virtuale. Dove pancia si sposa con cuore ed entrambi fanno piazza pulita di testa. Risultato finale 101 a 11.

100 è sempre stato un numero speciale, di discrimine e status. Quando superi 100 ottieni il bonus, e come a flipper si accendono le lucette, a intermittenza, e vinci una nuova pallina.
È difficile interrompere il gioco quando tutto fila liscio, basta non dimenarsi troppo (scrivere troppo, approfondire troppo, l’imperativo è rimanere in superficie e ammiccare o commuovere il lettore) per evitare il tilt.

Non fingiamo di non badare alla ricezione di un testo: chi scrive per sé tiene un diario privato, caro diario oggi è successo questo o quest'altro, non spiattella su un social la prima rogna che gli capita, come ho fatto io con il mio occhio malandato.

In altre parole, Donald Trump, Berlusconi, Grillo, Orbán, Bolsonaro, Meloni... sono già tutti dentro le nostre dita quando componiamo uno status su Facebook, scoreggiamo un tweet oppure piazziamo (la stessa radice di piazzista) un selfie su Instagram.

O per dirla con la battuta di un film di Nanni Moretti: "Te lo meriti Alberto Sordi!" Io di certo me lo sono meritato, forse ce lo meritiamo tutti. Alberto Sordi e ogni altra forma di conformismo, tutta denti e sentimenti.

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