sabato 8 aprile 2023

Forma e sostanza

La scrittrice Fulvia Degl'Innocenti ha da poco pubblicato un post sulla vicenda della maestra di San Vero Milis, in provincia di Oristano, che faceva recitare l’Ave Maria a scuola, e perciò giustamente punita con venti giorni di sospensione. Aggiunge delle considerazioni discutibili ma interessanti, provo a sintetizzarle con le sue stesse parole:

“Se passa il principio che un docente debba subire punizioni severe quando trasmette i suoi credo (siano essi religiosi, ideologici, partitici) poi però il principio dovrebbe valere anche per chi condanna il fascismo, simpatizza per il comunismo, condanna l'atteggiamento del governo sugli sbarchi ecc... sono solo degli esempi tratti dalla cronaca recente, con docenti richiamati per avere espresso posizioni su questi temi. Ma allora la levata di scudi era unanime contro i provvedimenti e i richiami. Non c'è che per caso in una società sempre più laica e antireligiosa si stanno creando crociate al contrario? Prendetela come una provocazione o uno spunto di riflessione, ma please, non lapidatemi."

No, nessuna lapidazione. Trovo anzi che nelle parole di Degl'Innocenti sia presente un fondo di verità, nel senso di un orizzonte culturale (si sarebbe detto un sentiment prima del bando di ogni anglicismo) da lei osservato da un punto di vista alternativo e decentrato; e a me piacciono i punti di vista alternativi e decentrati, le direzioni ostinate e contrarie.

Rimane però un problema. Un grosso problema logico, che storpia la sua visione come in una maculopatia; ne so qualcosa, purtroppo...

Promuovere l'antifascismo (che è incluso nei valori costituzionali, per inciso) anche quando vissuto con personale partecipazione e non solo didascalico resoconto dei fatti, è altro da imporre agli alunni una preghiera religiosa, genuflettendosi a una vergine del tutto ipotetica. Ma sarebbe lo stesso, quasi lo stesso, meglio, anche con una preghiera laica, come è il canto di Bella ciao: da un lato ti invito a pensarla come me attraverso la persuasione degli argomenti, dall'altra assumo che tu già la pensi come me, nessun pensiero o dio alternativo alle note della canzone. E guai a chi stecca!

Intendiamoci, ciò vale per tutto, non solo per la preghiera o il canto partigiano. A scuola non si intonano inni, laici o religiosi poco importa, politicamente corretti o scorretti (se la maestra avesse fatto cantare Faccetta nera immagino provvedimenti ancora più severi) ma si propongono idee. Quindi le se si argomenta, un buon insegnante è prima di ogni altra cosa un collaudatore.

Alcune di queste idee non supereranno il collaudo, si sfalderanno a una semplice verifica razionale, altre invece la spunteranno e come si dice faranno mondo. Ma tutte saranno necessariamente di parte, perché parziale, ossia situata in uno spazio biografico circoscritto, è la collocazione di chi enuncia un qualsiasi pensiero; e ciò vale anche per le identità collettive, le civiltà, la cui biografia prende il nome di cultura, ed è il prodotto di vittorie e sconfitte per il tramite di armi e parole, che finiscono col fare da filtro allo sguardo che proiettiamo sul tempo presente e soprattutto quello trascorso.

Se ne ricava che non esiste un insegnamento neutro, ma, come voleva un filosofo amante dei cavalli e molto meno delle persone, solo interpretazioni più o memo allineate ai fatti – per quel filosofo i fatti proprio non esisterebbero, io sarei per una minore radicalità.

Ma è presente un necessario limite anche all’interpretazione implicita a ogni insegnamento che consegue; potremmo guardarlo come a un ubi maior tra interpretazione soggettiva e interpretazione collettiva, che già abbiamo incontrato dandogli il nome di cultura.

Bene, se le cose stanno a questo modo nelle scuole pubbliche italiane l’interpretazione ultima e dirimente starà allora alla lettera costituzionale, prima ancora che ai programmi ministeriali. Anch’essa è un’interpretazione, sì, non Verità con la V maiuscola; e questo tratto storico e intimamente umano della Costituzione dovrebbe essere rammentato sempre, sia quando si intenda difenderla sia nel caso di possibili emendamenti. Ma a un qualche punto il gioco delle interpretazioni deve pure arrestarsi, ammettere un principio superiore, un'autorità civile, da cui discendere la legalità intellettuale a cui improntare l'insegnamento.

La Costituzione italiana non è compatibile con alcune interpretazioni della vita di una comunità a cui la scuola deve preparare – razzismo, fascismo, antisemitismo, stalinismo ecc. – ma con altre sì, pur non coincidendo con le ideologie in cui confluiscono andando a costituire un sistema chiuso. Il pensiero religioso cristiano, nella sua dogmatica confessionale, si oppone a una pedagogia che per definizione deve essere laica e dunque aperta, ma contiene molti spunti ampiamente compatibili con la cultura secolare, la quale si è formata in un rapporto per buona parte dialettico e non solamente oppositivo ("Non possiamo non dirci cristiani" ammoniva il laico Benedetto Croce).

Certo, nessuna compatibilità con la preghiera a Maria imposta agli alunni di San Vero Milis, ma se la maestra avesse detto loro che vestire gli ignudi e dare da mangiare agli affamati sono cose buone e giuste, sarebbe stata anche lei una buona e giusta insegnante. Così non è stato, e mai come in questo caso si mostra come la forma fa sostanza.

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