domenica 9 maggio 2021

Rambo e Agamben

 


È un peccato che gli intellettuali abbiano poca confidenza con la cultura bassa, diciamo pure trash. Diversamente, sarebbe semplice spiegare a Giorgio Agamben perché, malgrado si ostini a specchiarsi nella pozza di un pensiero filosofico vagamente stagnante, continuino a sfuggirgli, come viscidissine trote, i termini della questione giuridica legati all'emergenza in corso, o quantomeno le gerarchie che devono sottendere la morale pubblica; è Kant a dirlo, non Paperinik. Insiste così nel sostenere che i poteri cosiddetti forti hanno profittato della pandemia per revocare fondamentali diritti civili, quali quello di sputacchiare sulle tartine in bella mostra sul bancone dell'Happy Hour. Lo spiega molto bene il Capitano delle forze speciali in Rambo, quando dice a un altro militare a capo delle ricerche del fuggitivo: "Non ha capito, io non sono qui per proteggere John Rambo da voi. Ma voi da lui." Avesse visto quella sequenza, forse anche Agamben avrebbe intuito come le blande disposizioni a limitare in questi mesi la libertà di spostamento e gozzoviglia, non servivano a proteggerlo dal Covid - continua infatti a essere libero di rischiare la propria vita, ad esempio uscendo dalla finestra a cavallo di una scopa, replicando il finale di Miracolo a Milano - ma a proteggere noi da lui. E da chiunque non abbia ancora inteso che la propria libertà si arresta dove comincia quella degli altri, la cui primaria è vivere.

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