sabato 6 aprile 2019

Il fascista e lo statistico, un dialogo possibile



Non è vero che il quindicenne di Torre Maura si è opposto agli “energumeni” di Casapound. Rivediamo il filmato, rivediamolo bene e magari in slow motion. Così facendo, ci accorgeremmo che gli energumeni, nella circostanza almeno, si sono mostrati assai più dialettici e colloquiali di un congresso del PD, per dirne una.
Ma il senso profondo dell'episodio a me sembra un altro ancora. Il ragazzo, che non si è opposto, repetita iuvant, agli energumeni di Casapound, non l'ha fatto per una ragione molto semplice: ne condivide l'assunto fondamentale, anche se in forma forse implicita. 
Un assunto che, a ben vedere, riguarda tutti noi, o almeno chi è intellettualmente onesto con sé stesso. Si tratta infatti di una richiesta elementare di giustizia e legalità, diffusa con particolare urgenza nelle periferie più degradate. Dovremmo dunque precipitarci in massa a sottoscrivere la tessera di Casapound?
Non proprio. E ciò vale anche per il giovane, che pur condividendo le premesse (etiche, civili) delle persone lì radunate, si dissocia dalle conclusioni. Domande giuste, ha probabilmente intuito, possono talvolta condurre a risposte sbagliate. Anche molto sbagliate, come nella manifestazione promossa dal movimento neofascista per opporsi al trasferimento di settanta Rom nel quartiere romano di Torre Maura. Settanta: non settecento, non settemila. E per lui i numeri sono importanti.
Prova a questo punto a spiegare le ragioni dell’errore. Lo fa con strumenti linguistici semplici, certo, commisurati alla sua età, ma non semplificati. L'essenza del suo ragionamento è il calcolo statistico. 
Non contesta l'illegalità dei comportamenti di alcune persone che appartengono alla comunità Rom. Pur senza affermarlo espressamente, assume che la frequenza di tali atti (l'incidenza statistica, appunto) possa essere superiore a quella di simili azioni compiute da norvegesi, olandesi e, perché no, italiani. Per quanto le persone che non rubano, di qualsiasi etnia, colore della pelle o altro, saranno sempre più di quelle che rubano. Questo cacciamocelo bene in testa!
Ma diciamo anche chiaramente – è verosimile, anzi provato – che in alcuni gruppi la percentuale di illegalità è maggiore che in altri, e non sempre ciò è legato alle condizioni economiche o sociali. Ad esempio, i dati carcerari ci dicono che la comunità senegalese crea molti meno problemi di ordine pubblico di quella nigeriana. È un fatto. Come è un fatto, studiato, mappato da sociologi e forze dell'ordine, che nelle popolazioni nomadi provenienti dall'India del nord la disposizione al furto sia piuttosto alta. 
Ah, lo vedi, allora, che ha ragione Casapound!
Alt. Pausa. Ragionamento. E’ infatti qui che appare l'inaspettata competenza statistica del quindicenne. Ok, ammettiamo pure, e noi l'abbiamo ammesso, che tra gli zingari (il termine non è offensivo, discende dalla casta indiana degli intoccabili) i furti vengano compiuti con una frequenza superiore agli italiani. Poniamo il doppio, anzi il triplo, esageriamo e ipotizziamo quattro volte tanto, e poi cerchiamo di capire cosa ciò comporterebbe.
Dovremo anche qui partire da una base statistica numerabile, chiedendoci: quanti sono gli italiani? Sessanta milioni, ricorda il ragazzino con la felpa agli energumeni. E gli zingari? E' impossibile avere un dato certo per popolazioni non stanziali, ma, tra Rom e Sinti, è stata stimata una presenza che oscilla tra 60.000 e 145.000 persone, di cui 45.000 nate e cresciute in Italia. 
Il rapporto, insomma, è di poco superiore a uno a cento. Se anche gli zingari rubassero in misura quadruplice ai nostri concittadini, sul computo totale dei furti andrebbero dunque a incidere in una misura compresa tra il 4 e il 10%; ossia del tutto irrilevante ai fini di ciò che Casapound dichiara di perseguire: portare giustizia e legalità nel Paese, e in specie in quelle periferie dove più difettano. Senza contare che i reati si puniscono dopo, non prima e sparando a casaccio nel gruppo.
Di questo e solo di questo ci parla il quindicenne protagonista del video che sta rimbalzando tra tablet e pc, facendo tappa sui nostri smartpone. Che poi i popoli nomadi siano anche liberi e vitali, non abbiano mai dichiarato guerra a nessuno stato (non avendone e non volendone uno proprio), per non dire delle musiche meravigliose estorte a chitarre pizzicate con foga, o i racconti epici e stralunati che escono da bocche in cui scintillano i denti d’oro, mentre gonne a fiori frusciano sullo sfondo e occhi nerissimi scrutano le linee incerte di una mano, che poi esista anche questo altro lato della medaglia, il ragazzo non lo nega ma nemmeno lo afferma.
Semplicemente, per la sua vita, sono cose troppo lontane. Quella è roba per chi ha il cuore a sinistra e il portafogli a destra, pensa forse anche lui in sintonia con gli energumeni di Casapound, come si ostinano a chiamarli i giornali. 
Così ha preso la parola solo per dire che, in quell’estremo lembo romano in cui prova a farsi spazio con un pensiero proprio, mai in conto terzi, non vuole che gli freghino lo scooter, né a sua madre il televisore nuovo preso a rate all’Unieuro; è largo e sottile e lei ci guarda i programmi pomeridiani di Rete 4, non Moni Ovadia e i suoi spettacoli su zingari ed ebrei, non gli zingari felici che, un giorno, vide in Piazza Maggiore Claudio Lolli.
Ma, il ragazzino con la felpa nera, il quindicenne che reclama la parola e sa anche tenerla, lo statistico di Torre Maura, ha capito che questo obiettivo non si raggiunge prendendo i piccoli numeri umani a calci nel culo, o spargendo il pane in terra. Perché il pane è fatto per magiare e i numeri per ragionare.


Nessun commento:

Posta un commento