martedì 26 marzo 2019

Can che abbaia non morde, ma uomo che abbaia non fa

Ieri pomeriggio ho assistito a una feroce zuffa tra cani. Per essere più precisi, si trattava dell'epilogo e un solo cane, un Rottweiler, aveva aggredito l'altro, un cucciolone di Labrador che stava ora rincucciato a ridosso di una recinzione divelta, a poche decine di metri dalla stazione ferroviaria di Bovisa, a Milano.
Quando sono arrivato erano già presenti larghe chiazze di sangue sul marciapiede, e, china sul corpo tremante dell'animale, la giovane proprietaria cercava di tranquillizzarlo, apparendo però la più scioccata tra i due. Intanto, gli studenti del Politecnico sciamavano su via Andreoli con le felpe annodate in vita, sbocconcellando pizzette e merendine. 
A offrire un qualche aiuto c'era solo un trentenne con una barbetta rada e scura, la faccia tonda e gli abiti del colore della barba. Accostatomi e provando a rendermi utile anch’io – possiedo un cane, so cosa si prova in quei momenti –, ho cominciato a cercare i riferimenti di veterinari in zona, mentre lui tranquillizzava la ragazza. Ho visto tutto, le diceva con voce ferma, posso testimoniare. Abito qui dietro e so chi è il proprietario del Rottweiler, che nel frattempo se l'era svignata. Vedrai che andrà tutto bene, ha aggiunto sovrastato dal guaito del Labrador, che continuava a leccarsi una profonda ferita sulla zampa anteriore. 
Finalmente, con lo smartphone, ho trovato uno studio veterinario a poche centinaia di metri di distanza, l'orario di apertura era imminente. Le cose sembravano recuperare un qualche ordine, certo imperfetto, quel che si dice metterci una pezza, quando è arrivato un altro uomo. L’abbigliamento casual ma curato, occhialini dalla montatura in metallo sottile, da cui saettavano occhi azzurrissimi che rimandavano però a un altro senso: l'olfatto. Quello di un aftershave alla lavanda, con cui doveva essersi cosparso senza fare economia. 
Evitando di chiedere informazioni, l'uomo, intuito l'accaduto e come preso dalla smania di imprimere il suo sigillo, ha telefonato alla polizia, perché è la polizia che in questi casi va chiamata. E che cavolo: la legge prima di tutto!
Questi non devono però avergli dato molte soddisfazioni, e così ha iniziato a inveire. Dapprima, genericamente, contro i cani liberi e feroci ("è uno scandalo, se ci fosse stato nei paraggi un bambino!") e quindi anche contro di me e il ragazzo con la barba, che stava ancora offrendo il suo conforto, per quanto con mezzi limitati e senza proclami universali. Ma in alcuni casi, basta la presenza.
Nella sua prospettiva dovevamo però apparire troppo tiepidi, forse addirittura complici: ci mancava il sacro fuoco di Giustizia e Verità, e ciò faceva automaticamente di noi dei disertori dall'esercito del Bene, di cui lui era come minimo capitano, non mi stupirei perfino colonnello.
Fortunatamente tutto si è poi risolto. L'emorragia del cane si è arrestata, ma è stato comunque portato dal veterinario, dove avrà ricevuto le cure del caso, come concludono i loro articoli i cronisti di nera. Anche il proprietario del Rottweiler è stato ritrovato, e, con intonazione da legal thriller, ha dichiarato subito: "Ho l'assicurazione, tranquilli, il cane è assicurato!"
Ritornando a Sondrio in auto ripensavo all'accaduto, in particolare all'uomo dagli occhi azzurri, che mi sembrava di conoscere da sempre. Magari con altre facce, altri travestimenti, ma c'è ogni volta qualcuno che se la prende con chi prova a fare, non importa cosa: quel gesto sarà sempre inadeguato, grossolano. Mentre la soluzione, offerta in forma rigorosamente teorica, assertiva, è tanto più incontestabile quando restituita nella dimensione geometrica e rarefatta dell'idea. L'importante non è infatti il risultato, ma avere ragione. Quella particolare forma di ragione che consiste nel sentirsi dalla parte giusta della storia.

(Ps - Qualcuno si ricorda di un certo Bertinotti? Ecco, avessi assistito prima alla zuffa dei cani, avrei compreso la sua politica. E magari evitato di votarlo.)

2 commenti:

  1. Povero Bertinotti. Un uomo, uno fra i pochissimi politici, che ha capito quando mettersi da parte perché il mondo era cambiato e con lui gli elettori.

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