lunedì 21 marzo 2011

Infatti, o sulla felicità che davvero non costa nulla. Anzi, diciassette euro


Tommy è il figlio di una mia carissima amica che vive vicino a Bergamo. I genitori sono entrambi romeni, ma Tommy è nato in Italia sei anni fa. Il volto è tondo e vagamente continentale, compatta e solida la struttura del piccolo corpo; nell'insieme ricorda l'iconografia miniaturizzata di un guerriero dacio, anche se parla con cadenza inequivocabilmente bergamasca. L'espressione che usa con più frequenza è "infatti". Gli chiedi se desidera un toast oppure un succo alla pera e lui risponde: "Infatti". Che poi significa, intuisco, che li vuole entrambi.

Entro allora nel bar con giornali e tabacchi a ordinare un succo di pera e un toast e un tè verde e un bicchiere di birra con molta schiuma, per la mamma di Tommy e per me. Anche la Repubblica con l'inserto del sabato, su cui vado subito a controllare cosa viene detto del segno dell'ariete. Siamo a Varenna, è la prima volta che incontro Tommy, a occhio potrebbe essere Sagittario o Leone. Il suo più grande desiderio è di possedere un cane e così l'ho invitato a trascorrere un pomeriggio insieme al mio, una femmina di golden retriver di nove anni.

Si chiama Peppa, la mia grossa cagnolona bionda. Un bel po’ di tempo fa, quando stavo parlando su Skype con la mia ex fidanzata svedese che ha una figlia di nome Jeppa - allora credo avesse intorno ai cinque anni -, ho gridato il nome del mio cane per farlo smettere di spennare un peluche a forma di Topolino - Peppa, Peppa! - ed è arrivata invece Jeppa dall'altro capo dell'Europa, pensando che stessero chiamando lei: "Vad är mamma?"

Con Tommy però questo problema non c'è. Quando chiamo la Peppa lui fa solamente un sorriso grande. E poi aggiunge: "Infatti".

Abbiamo poi camminato a lungo per le stradine di Varenna, giù giù dalle scale ripide fino al sentiero sul litorale roccioso che chiamano "degli innamorati", come se gli innamorati volessero prendere possesso nominale di tutto quanto. Non ho mai trovato, per dire, un sentiero dei geometri o dei ragionieri o di quelli che hanno il mal di denti. Solo sentieri e strade e golfi e pinete: sempre degli innamorati.

Dopo il piccolo porticciolo ritratto in infiniti acquarelli che tanto piacciono agli Inglesi, di cui è presente qui una piccola ma attiva comunità, siamo arrivati a una lunga piattaforma di legno galleggiante, che fa da estensione mobile al pontile. Io mi sono incamminato sopra ma la Peppa, che ho provato a chiamare dopo essermi assicurato che non ci fossero bambine svedesi nei paraggi, non si fidava a seguirmi. Tommy era talmente impietrito che non diceva più nemmeno infatti. Ma quando la madre gli ha chiesto se anche lui avesse paura, ha scosso le spalle, in un modo che fa spesso, rispondendo che non ne aveva semplicemente voglia. Piuttosto si stupiva per la Peppa:

- Se la Peppa casca giù che le importa, tanto i cani sanno nuotare. Non come i bambini che invece vanno a fondo.

Così anche io sono rientrato dalla piattaforma e ci siamo mossi verso la spiaggetta, per mostrare a Tommy la Peppa nuotare come sanno fare i cani; che a differenza dei bambini, i quali vanno a fondo, stanno galla, e in effetti non si capisce perché avranno tutta questa paura dei pontili galleggianti. Mentre la Peppa si immergeva nell'acqua calma e gelida del lago, dimenava le zampe palmate (caratteristica che condivide con due sole altre razze) fino al rametto che gli lanciavo il più lontano possibile, lo afferrava con i denti e poi rientrava a riva per deporlo ai nostri piedi, prima di scrollarsi e bagnarci tutti, Tommy poteva riprendere a borbottare i suoi infatti. Quindi alzare le spalle e allargare il viso tondo in un sorriso largo e tranquillo, da giovane dacio che torna vittorioso dalla guerra.

Al termine del lungo bagno della Peppa ci siamo spostati ad Abbadia Lariana, dove il titolare del baretto del lido si stava allenando nella battuta di inizio del gioco del golf. Non recuperando la pallina a ogni lancio successivo, il grande prato si andava progressivamente colmando delle piccole sfere bianche; quasi un'anticipazione miniaturizzata dei tedeschi e degli olandesi che sarebbero arrivati di lì a poco, per trasformare il diafano candore in ustioni croccanti. Non so quale mazza utilizzasse ma a me e Tommy faceva un po' ridere. Sembrava l'iperbole di quegli affarini di metallo con cui si pressa il tabacco nella pipa; e non ho mai capito perché tutti quelli che fumano la pipa si lascino crescere la barba o i baffi, che poi diventano gialli e brutti. Il cielo era chiuso da una coltre compatta di nuvole biancastre, però non faceva freddo.

Dopo un altro succo di pera abbiamo raggiunto Lecco. Giorno di carnevale, coriandoli, trombette, mascherine. All’angolo degli incroci nelle vie del centro, uomini travestiti da statue dorate stavano eretti sopra a solidi piedistalli di cartapesta. Si capiva che erano persone da impercettibili gesti con cui ogni tanto si scuotevano da un'immobilità maestosa, suscitando la curiosità della Peppa ma non quella di Tommy - inchiodato di fronte a un negozio di giocattoli -, la Peppa che ad ogni movenza delle statue aggrottava le orecchie lunghe e pelose, piegano il muso di lato.

Nella vetrina della libreria Cavour una grande insegna di cartone avverte dello sconto sui tascabili Mondadori. Entro allora con passo esitante, mentre il fantasma del mio libraio di fiducia mi presenta il conto nella moneta di pungenti sensi di colpa. Alla fine è un tradimento, sì, ma piccolo piccolo: una raccolta collettiva di racconti sull'infanzia, in cui è compreso un breve testo di Eraldo Affinati. Parla di un ragazzino che si chiama Silvester e proviene dal Togo. Gli unici amici che possiede sono un pappagallino, un'anatra e un ranocchio di plastica. Al termine, quando diventa grande, sposerà forse una ginnasta polacca che sa fare la spaccata. Andranno a vivere in una casa di una sola stanza dove però c'è tutto quanto, compreso bagno e cucina. E anche il pappagallino, l'anatra e il ranocchio.

Quello che ci sta nel mezzo del racconto invece non lo so ancora, ho saltato le pagine mentre aspettavo Tommy e sua mamma, che sono scesi al piano sotto dove sono esposti i libri per bambini. La Peppa invece mi ha aspettato fuori come le ho insegnato, ma quando sono sceso per controllare a che punto fossero - vedo Tommy seduto sulle scale che sta fingendo di leggere un libro verde, credo si chiami "Diario di una schiappa" - la Peppa deve essersi sentita perduta ed è corsa dentro. Ha superato la barriera dei librai che si chiedevano da dove fosse sbucato quel cane fradicio con il guinzaglio in bocca, infine ci ha trovati e mi è balzata addosso come se si trattasse di una prova che ha superato. Non ho il coraggio di sgridarla e allora la Peppa si mette a ridere. Chi non ha cani non lo capisce, ma gli altri lo sanno che i cani, ogni tanto, all'improvviso e senza apparente ragione, si mettono a ridere.

Naturalmente "Diario di una schiappa" la mamma l'ha poi comprato a Tommy. E anche, per scollarlo dal negozio di giocattoli, un drago a tre teste che sputa lingue di fuoco. Il colore è un melange tra le trecce arancioni di Pippi Calzelunghe e il rosso vivo dei ghiaccioli di una volta, con ali sottili come quelle di un pipistrello. Quando ci siamo ritrovati con il mio amico Guido e sua moglie Giulia, la prima cosa che Tommy ha detto - la prima cosa dopo infatti, intendo - è stata che il drago costava solo diciassette euro. Così Guido e Tommy e io abbiamo pensato che forse dovremmo fare una società, rompere i salvadanai e investire tutti i nostri risparmi in draghi a tre teste che sputano lingue di fuoco. Ne acquistiamo, mettiamo, cento a diciassette euro l'uno e poi li rivendiamo anche solo a venti, che ne dici Tommy?

Con il suo accento bergamasco lui ci risponde che a scuola sono arrivati solo fino alle addizioni e dunque di queste cose non ne capisce, quindi scuote le spalle chiedendo se è tempo di rimettersi a tavola. Interviene allora Petra, la figlia di Guido che fa già la terza elementare, spiegandoci con zelo paziente che tre per cento fa trecento. Secondo lei però non è una buona idea che suo papà spenda tutto quello che possiedono in draghi a tre teste, già che allora ci sarebbe anche una Barbie in versione nuziale - con un bouquet di rose di plastica comprese nella confezione - che le pare un affare più convincente. Nel dubbio decidiamo di lasciare perdere il nostro business. Anche Tommy approva, con uno sbrigativo infatti.

Terminati gli aperitivi e le olivette seduti nella veranda del bar del Teatro della Società - "Sì Tommy, adesso è ora di mangiare" dice la mamma - ci siamo trasferiti con le automobili a Malgrate, dove abbiamo lasciato un italianissimo bigliettino sul parabrezza - siamo in pizzeria, se dovete uscire chiamateci – e siamo entrati da San Gennaro, con il cuoco culturista che fa gli onori di casa. "Con chi gioca domani il Napoli?" gli butto lì. Una domanda con cui non sbagli mai. Dopo una manciata di minuti arrivano al tavolo delle ottime pizze accompagnata da una bottiglia di Valpolicella e una Sprite al limone per Petra. Tommy però ha voluto una lattina di tè freddo alla pesca e una bistecca, che l'ha tenuto zitto per poco meno di cinque minuti. Doveva essere una bistecca buonissima!

Ecco, la serata è finita a questo modo. Un sabato come tanti altri. Bambini, cani, parole mai gridate e un clima cordiale, anche fuori. Quasi una primavera che non è ancora calda, non è fredda, non è niente. E ci sembra allora che la vita debba essere sempre così, lo diamo per scontato. Dimenticandoci per un momento del gelo e dell’afa che prima o poi arriveranno, le sciarpe e i ventilatori ben riposti nell’armadio.

Ma non deve essere stato lo stesso per Tommy. La mattina dopo si sveglia e dice a suo fratello che deve rivelargli un importante segreto.

- Qual è il segreto, dimmi Tommy?

E Tommy, assicurandosi che non li stia ascoltando nessuno, risponde in perfetto bergamdacio:

- Ieri è stato il giorno più felice della mia vita.
- Come il giorno più felice - ribatte il fratello canzonandolo un poco con affetto, - come fai a sapere che è stato proprio il giorno più felice della tua vita?
- Beh, il più felice di quelli che mi ricordo, sono un bambino, non mi ricordo di tanti giorni. Ma di tutti i giorni che mi ricordo sono sicuro che ieri è stato il più felice.

Poi fa una lunga pausa come se avesse dimenticato qualcosa - qualcosa di decisivo, la domanda chiave del tenente Colombo all'assassino che ormai crede di averla fatta franca - ma con una alzata di spalle conclude: "Infatti."

11 commenti:

  1. E' da vigliacchi lanciare un rametto , il più lontano possibile, nelle gelide acque del Lario,....;:..,.,.,e la povera Peppa? I labrador amano l'acqua , ma non i padroni crudelmente protervi nel loro gioco sadicamente ripetitivo.Dio se lo segna sul libretto nero Haihaihai!
    Dom Milazzo

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  2. ... per fortuna il mio cane non è un labrador, gentile "Dom" Milazzo. così forse Dio avrà pietà di me...

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  3. è questo il bello dei fanciulli, la semplicità delle piccole cose con la compagnia spensierata dei propri cari.
    ps la libreria Cavour è irresistibile.

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  4. ecco il libraio che lascia spazio al babbo... ;-)

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  5. BELLO MI E' PICIUTO SCRIVI...
    LEO

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  6. bello questo che hai scritto..e se non sbaglio mi sembra di conscere questo bambino,la sua mamma e il suo fratello-che sono stupendi.
    continui a scrivere,cosi ci fai ricordarele piccolli momenti che a volte scordiamo

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  7. grazie, evidentemente conosci quel bambino e quella mamma e quel fratello, molto meglio di quanto non li conosca io...

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  8. eh si... bel racconto che strappa numerosi sorrisi, e fà rivivere la semplicità della vita

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